Z denek Zeman sorrideva, quando lo accusavano di fregarsene della fase difensiva. Nel ritiro di Sappada, uno dei senatori rossoblù ci confessò che l'allenamento tattico verteva soprattutto sui movimenti degli attaccanti, gli altri - già stremati dal lavoro fisico - erano praticamente messi da parte. Sorrideva un po' meno, il boemo, quando la classifica si faceva sempre più critica. Corri, crei, segni, segni un'altra volta, fai una giravolta e quasi sempre ti ritrovavi sotto. Spesso, poi, senza dare quella sensazione di spettacolo per cui ZZ era stato scritturato dal neo presidente Tommaso Giulini.

Oggi il Cagliari ha decisamente un'altra faccia e nessuno se la prenda per l'accostamento a quel periodo decisamente poco rimpianto. Un'altra faccia, perché la squadra ha regalato in alcuni tratti un gioco mai visto da queste parti (magari l'ultimo Cagliari di Allegri, a proposito di accostamenti), un'intensità e una qualità di livello elevato, individualità clamorose (ancora Nandez, Cragno a tratti e un Joao da nazionale brasiliana), un doppio vantaggio che però non è stato monetizzato.

Eusebio Di Francesco si è sempre ispirato - parole sue - a un allenatore che di cognome fa Zeman. Ma rispetto al suo mentore, ha una diversa mentalità difensiva, una concretezza di concetti superiore, capisci bene cosa vuole dirti e dove vuole arrivare. E cosa voglia dal Cagliari lo abbiamo intuito meglio due giorni fa, quando è arrivato un gol, il primo, alla fine di un momento di superiorità mentale esaltante. (...)

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