S e le avete contate vi siete fermati a 64. Sono tante le misure adottate dal governo dal 30 gennaio scorso a oggi in materia di coronavirus. Fra queste ci sono 11 decreti del presidente del consiglio dei ministri, in sigla Dpcm. Il dodicesimo è in arrivo. Sorvoliamo sullo spezzettamento dei provvedimenti adottati, sulla mancanza di visione d'insieme, sull'assenza di strategia; tralasciamo di dire che sono mossi da un criterio più etico che sanitario. Per una volta non buttiamola in politica. Soffermiamoci piuttosto sullo stile linguistico di questo romanzo a puntate. Chi ha avuto il coraggio civile di leggerlo almeno in parte ha scoperto la bivalenza delle parole di una lingua nuova simile all'italiano. Chiamiamola lingua covid, che si presta a dire e non dire, a smentire mentre si afferma, a impartire l'ordine insieme al contrordine. Se il senso è oscuro, meglio. Tanto, a darne l'interpretazione autentica ci prova il Conte mascherato. Anche lui però è enigmatico, il suo eloquio è sfarfallante. Tanti anni fa i professori di lettere insegnavano come dosare le parole per evitare di passare dall'eloquio al vaniloquio, dal proloquio allo sproloquio. Richiamiamoli in servizio: urge un corso accelerato nella scuola sperimentale di Palazzo Chigi. Solo così eviteremo lo stoltiloquio di regime.

TACITUS
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