O rmai si è capito che questo lockdown a puntate - come è stato efficacemente ribattezzato da Luca Telese - sfocerà ben presto in ulteriori, pesanti restrizioni. La curva esponenziale dei contagi non lascia molto spazio all'ottimismo ed è dunque difficile credere che potremo sottrarci allo stillicidio dei famigerati Dpcm con tanto di conferenze stampa esplicative del nostro premier. Forse non si tornerà alla serrata quasi generale della primavera scorsa, alle autocertificazioni per poter uscire di casa, ai mesti canti di speranza sui balconi.

M a di certo - se è lecito citare all'inverso il monologo shakespeariano del Riccardo III - dopo l'estate gloriosa ci attende un lungo “inverno del nostro scontento”.

Le discussioni, e persino i litigi, che hanno preceduto l'ultimo decreto testimoniano la difficoltà di contemperare le urgenze dettate dall'emergenza sanitaria e quella economica. Ma dimostrano anche, ancora una volta, che nel nostro Paese si procede in ordine sparso, senza una vera cabina di regia, con strappi ed accelerazioni dettate più dall'emotività di qualche singolo decisore (sia esso un singolo ministro o presidente di Regione) che sulla base di strategie razionali. Ognuno dice la sua, ci si azzuffa, si cerca una mediazione che poi si tramuta in discutibili provvedimenti.

In questi giorni tormentati, dominati dall'ansia di ripiombare in un incubo già vissuto, fioccano anche le testimonianze di contagiati più o meno Vip, da Valentino Rossi a Federica Pellegrini, da Flavio Briatore a Silvio Berlusconi. Ma quella che è apparsa più pregnante, per le riflessioni che suscita, è di Massimo Giannini, direttore de “La Stampa”, ricoverato da parecchi giorni in terapia intensiva. Il giornalista ha posto le domande sulle quali non si sono avute ancora risposte, chiedendo sostanzialmente come sia stato possibile buttare sei mesi dopo tutti i proclami sull'esigenza di non farsi trovare impreparati al cospetto della seconda ondata. «È il solito scaricabarile italiano - ha scritto Giannini - dove tutti ci crediamo assolti, e invece siamo tutti coinvolti. Dopo il disastro di marzo-aprile dovevamo fare 3.443 nuovi posti letto di terapia intensiva e 4.200 di sub-intensiva, ma ne abbiamo fatti solo 1.300: di chi è la colpa? Mancano all'appello 1.600 ventilatori polmonari, dice il ministro Boccia: di chi è la colpa? Dovevamo assumere 81 mila tra medici infermieri e operatori sanitari, ma al 9 ottobre ne risultavano 33.857, tutti contratti a termine: di chi è la colpa? L'odissea tamponi al drive in è una vergogna nazionale . Non recrimino, non piango. Vorrei solo un po' di serietà».

Già, la serietà. Quella che a piè sospinto si chiede ai cittadini tacciandoli magari di irresponsabilità, come se contagiarsi fosse una grave colpa e non un'evenienza purtroppo probabile nonostante le precauzioni. Quella serietà che ci viene chiesta nel giorno in cui si è pensato di affidare ai Ferragnez il messaggio di sensibilizzazione sull'uso della mascherina. A voi sembra una priorità?

MASSIMO CRIVELLI
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