D ovevano sotterrare un tubo. Hanno affossato un diritto, quello dei sardi ad avere il metano. Sì, certo, ci resteranno bombole e bomboloni, ma la rete no, quella “d'anti interrada” prima di nascere.

Il primo becchino si chiamava Eni. La società di Stato per gli idrocarburi si era messa subito di traverso sulla rotta del gasdotto Algeria-Sardegna-Italia (Galsi). Facile: con Sonatrach (la compagnia petrolifera di Algeri), in cordata c'erano Edison, Enel, Regione Sardegna (con la Sfirs) ed Hera. Eni no, non c'era. Viaggiava su altri metanodotti ma faceva affari anche con gli algerini che, guarda caso, un bel giorno, hanno fatto naufragare il progetto Galsi in mezzo al Mediterraneo.

Ci restava la dorsale, una rete di 580 chilometri tra Cagliari e Olbia passando per Sassari, con una deviazione verso Nuoro, dove far scorrere il metano trasportato via nave e rigassificato nei depositi in progetto a Cagliari e Porto Torres e a Santa Giusta (lavori in corso). Tutto spazzato via venerdì al Senato con il voto di fiducia sul Decreto Semplificazioni, uno zibaldone con, dentro, anche il necrologio della dorsale. Il presidente della Regione ha aspettato l'ultimo giorno - venerdì, appunto - per indignarsi: i sardi non possono essere tagliati fuori da scelte fondamentali! Sappiamo com'è andata. Anche per gli emendamenti presentati da alcuni parlamentari sardi di Pd, Italia dei Valori e Forza Italia. Carta straccia, con tutto il rispetto per i contenuti e per l'impegno politico.

I l Decreto Semplificazioni dovrà passare ora alla Camera ma, visto il clima teso al Governo, scivolerà sul velluto. Chissà se qualche onorevole eletto in Sardegna, prima di rinnovare la fiducia a Giuseppe Conte e ai suoi ministri, prenderà (o potrà farlo) la parola a Montecitorio per denunciare il tradimento di Stato sul metano. Se non altro per lasciare traccia del proprio passaggio sulla pietra tombale che, sul progetto, avevano già messo i Cinque Stelle, che iniziarono a definire la dorsale sarda «obsoleta e impattante» ben prima della trionfale campagna elettorale di due anni fa.

Ricordate? Il ministro dei Lavori pubblici Danilo Toninelli rispose «vedremo» a Francesco Pigliaru, che chiedeva conto al Governo sul gas naturale, forte del Patto per la Sardegna firmato due anni prima a Sassari con Matteo Renzi. Pigliaru incassò il gelo del ministro all'inizio di luglio 2018. Il MS5 all'epoca governava con la Lega. Da un annetto tira a campare con il Partito democratico ma, sul metano per i sardi, il Pd è riuscito a mala pena a fare il solletico ai grillini. E se Toninelli si era laureato in Giurisprudenza, la sottosegretaria dello Sviluppo economico Alessandra Todde, sarda di Nuoro, ha sempre bocciato la rete dell'Isola parlando, ha fatto notare, con cognizione di causa. «Ho lavorato a quattro progetti diversi di metanodotti, so cos'è una dorsale e cosa implica: viene fatta nella misura in cui è necessaria», ebbe a dire anche sull'Unione l'ex manager di Olidata. No, non ce n'era per la dorsale sarda, anche se qualche parlamentare di Pd e Italia dei Valori (giusto per citare partiti di maggioranza) ha provato a ululare alla luna. Niente metano oggi e niente idrogeno domani, anche perché (beffa nella beffa), dal ministero allo Sviluppo economico mandano a dire che «immaginare una dorsale per un futuro utilizzo dell'idrogeno è molto al di là di qualunque ipotesi per ora immaginabile». Pensando a come lo Stato (centro, sinistra e destra) ha storicamente trattato i sardi sulla questione energetica, ci sarebbe da essere volgari. Grazie ai governanti di turno, ad di là degli inutili distinguo politici e nel silenzio di un certo ambientalismo snob, il gas viaggerà lungo le nostre strade a bordo di carri bombolai. Era il 1977 quando il mitico Giampaolo Loddo spopolava sulle radio libere con “Me la manda, mela, la bombola!”. I più giovani possono andare su YouTube. Si parlava più o meno di un cliente ostaggio del bombolaio. In 43 anni non è cambiato nulla. E non certo per colpa del bombolaio, cui siamo sempre grati. Conosciamo bene i nomi de “is interramottusu” di Galsi prima e dorsale poi. Ma non consola.

EMANUELE DESSÌ
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