N oi sardi, fratelli (forse) d'Italia, stretti tra l'incudine del carbone (in scadenza) e il martello del metano (arriverà?), viviamo nella landa d'Europa più bistrattata dai signori dell'energia. E pensare che altri fratelli d'Italia sono pronti a investire sull'idrogeno. La Regione Puglia, per esempio, prima nel Belpaese, ha appena approvato un bando per progetti e programmi di ricerca. E, forte di un conterraneo illustre, Giuseppe Conte da Volturara Appula (Foggia), sogna persino di investire un po' di soldi del Recovey Fund per bonificare Taranto e mettere in piedi un hub dell'idrogeno. I sardi, unici europei che per avere il gas devono comprarsi la bombola (con l'eccezione di alcuni centri urbani), hanno visto liquefarsi al sole del deserto algerino (per colpa soprattutto della nostra classe politica) il sogno del gasdotto. Insomma, niente tubone sotto il Mediterraneo. Eravamo rimasti almeno alla dorsale sarda, una rete distributiva di 580 chilometri tra Cagliari e Olbia passando per Palmas Arborea e Sassari, con una diramazione per Nuoro.

«Noi siamo quelli del sì», urlava Salvini, «porteremo il metano in Sardegna se fosse necessario con le mongolfiere». A un anno e mezzo dal successo elettorale, non risultano, alla Regione, alzate di scudi della Lega - e degli alleati del centrodestra - contro il quotidiano smantellamento della dorsale, come si legge nelle carte dello Stato e del parastato. I nemici sono tre e la loro natura è economica, tecnico-ambientale e cultural-talebana, scegliete voi l'ordine.

S nam, parente oggi di secondo grado di Eni, era pronta a scavare già dalla scorsa primavera per realizzare la rete interna di trasporto del gas naturale, alimentata da tre depositi costieri di Gnl. Non se n'è fatto nulla per una questione semplice semplice: su dinai. Chi pagherebbe? In tutto il resto d'Italia è lo Stato ad assumersi il costo dei servizi essenziali. Per la Sardegna il discorso non vale. Secondo Arera, l'Autorità garante per l'energia, la dorsale non può essere considerata un'estensione della rete nazionale del gas. Tradotto: i sardi, se proprio vogliono una loro rete regionale, se la paghino con la bolletta.

Altra contraddizione. Il ministro dell'Ambiente, il pentastellato Sergio Costa, ha alla firma il decreto per approvare il ramo sud della dorsale sarda, Cagliari-Palmas Arborea. Strano, considerato che la compagna di Movimento Alessandra Todde (sottosegretaria allo Sviluppo economico) ripete in ogni occasione che la dorsale è un'opera inutile per la Sardegna. Posizione che, prima del Covid, aveva sollevato lo sdegno del Partito democratico. «Ancora una volta si scivola sul populismo minimo che non giustifica tecnicamente e scientificamente certe posizioni», aveva scritto a febbraio, contro la M5S Todde, il segretario del Pd sardo, Emanuele Cani. È evidente che qualcosa sia cambiato, in ossequio a un'alleanza di governo che ha una prospettiva, se ci è concesso, più effimera rispetto al futuro energetico della Sardegna. Laddove dorsale significa domani metano ma soprattutto, dopodomani, idrogeno.

Con l'eccezione della Cgil silenzio, solo silenzio. Anche davanti alle carte scoperte con le sue inchieste da Mauro Pili e che smascherano i piani del Governo. Diamolo questo benedetto metano, ai sardi. Ma la rete no, meglio centinaia di carri bombolai che vanno su e giù per le strade, magari sotto le insegne di Italgas, che inizia a incontrare simpatie anche in viale Trento. Scusate, dove sono gli ambientalisti terrorizzati dal rischio di esplosioni lungo la dorsale? Sulle bombe in libertà sui camion silenzio. Solo silenzio. Anche sul nuovo, costosissimo elettrodotto Sicilia-Sardegna-Continente, una servitù di passaggio - per noi sardi - che piace al Governo (e prima ancora a Terna e Cassa depositi e prestiti) «per valorizzare fonti rinnovabili e riqualificare superfici dismesse». Capito? Pannelli e pale eoliche a perdita d'occhio. In Sardegna, ovviamente. Per esportare poi l'energia green in continente. Siamo i fratelli (scemi) d'Italia a cui far pagare in bolletta una rete di distribuzione che per gli altri è gratis.

E mentre Macron e la Merkel hanno rimandato a babbo morto la fine della produzione di corrente con il nucleare e il combustibile fossile, in Sardegna entro il 2025 spegneranno proprio le centrali a carbone. Andranno a metano? Forse sì, visto che Porto Torres e Portovesme sono a bocca di porto. Ma altrove? I signori dell'energia hanno risolto il problema. In Sardegna già oggi, fanno notare, non avete attività produttive, perché volete illudervi di averne in futuro? Siete già morti. Suvvia, prendetevi i carri bombolai, che è tanta roba. E i nostri politici? Silenzio, solo silenzio.

Buon Ferragosto.

EMANUELE DESSÌ
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