U n solo errore, nel cammino del Cagliari. Inteso come società, presidente, dirigenti. Quello di non aver cambiato conducente ai primi chiari segnali di cedimento, dopo i primi cinque, otto risultati non positivi. Forse - nessuno può dirlo - tuffarsi prima in un nuovo progetto tecnico avrebbe generato una stagione diversa, imprimendo quella svolta che Tommaso Giulini aspettava. Poi la sosta, la ripartenza e tutto quello che è accaduto hanno velocemente cancellato l'ubriacatura collettiva della prima parte di stagione.

Ma è un bel segnale, per tutto l'ambiente, questo rilancio. Questa spallata ai rimpianti e a quello che poteva essere e non è stato. Aver affidato a Di Francesco - trainer di fascia alta e non solo per l'ingaggio - le chiavi di casa significa coraggio e voglia di riprovarci subito. Anche aver fabbricato il direttore sportivo in casa è una manifestazione di autostima che lucida l'immagine del club.

In casa Cagliari si respira un'aria nuova. E non è solo voglia di lasciarsi alle spalle un fallimentare quattordicesimo posto. L'allenatore ha chiesto (e otterrà) quattro giocatori, uno dei quali sarà Nainggolan se l'Inter non avrà per il belga-cagliaritano altri progetti. Una (o due) cessioni eccellenti serviranno a rimpolpare la cassa, per quella ricostruzione a misura del nuovo tecnico che appare necessaria, se non si vuole partire col piede sbagliato. Di Francesco - questi i segnali da Assemini - vorrà essere allenatore a 360 gradi, con frequenti puntate verso le formazioni giovanili per capire cosa sta producendo un settore ben fornito di talenti.

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