M ai come in questo momento ci sarebbe bisogno di lucidità e mai come in questo momento le inerzie ideologiche e le forze dei diversi portatori d'interesse intorbidano l'acqua. Oppure, semplicemente, non siamo più capaci di analizzare le situazioni che il mondo attuale liquidamente ci presenta, ogni settimana, e siamo costretti alla nostra solita dicotomia tra una mediocre presa d'atto di quanto già successo (la nostra cifra è il commentatore sportivo alla Sconcerti, che non azzecca un pronostico ma è bravissimo a cotonare, a risultato raggiunto, vittorie e sconfitte) e una critica intrisa di manicheismo stantio e in malafede, a tutto campo.

La situazione geopolitica mondiale si riduce, nel nostro marginale provincialismo, a un attacco sistematico alla figura di Trump che ha fatto meno guerre e meno danni di Obama, si guardi al Mediterraneo, ma è il bersaglio di qualsiasi articolista a corto d'idee e di evidenze numeriche. Sembra che la speranza di un mondo migliore per noi e i nostri figli sia riposta oggi in Joe Biden, benedetto dai suoi scandali, nell'auspicata caduta di Putin e Bolsonaro, nella nemesi che auguriamo a Xi Jinping.

Hong Kong è raccontata da blog di sessantottini che non arrivano neanche a capire che “quando si è costretti a convivere con un gorilla, bisogna tenerselo buono non facendogli mai mancare le banane; prenderlo a ditate negli occhi non è sempre l'opzione migliore”.

T utta la complessa situazione asiatica è ridotta, nella nostra vulgata di borgata, ad alcune centinaia di persone che combattono eroicamente per la libertà persa (quale? Hong Kong non è mai stata libera, era una colonia britannica per 150 anni, non dimentichiamolo, e negli ultimi 23 anni la succosa preda di speculatori immobiliari senza cuore e senso sociale), e nessuno analizza i tremendi summovimenti in atto nello scacchiere e gli impatti verso il resto del mondo.

Quali sono dunque i nostri modelli? La Merkel e lo zoppicante Macron, Dombrovskis oppure Rutte, l'olandese rigoroso con i terzi cialtroni ma non a casa propria? Anche sull'UE, sulla sua evoluzione e sul suo futuro, manca qualsiasi analisi oggettiva e spassionata, intenti come siamo a seguire i nostri schieramenti rilevanti quanto i fan club di Juve o Inter.

L'Italia, a essere educati, è un teatrino di piccoli attori rionali, un'Ambra Jovinelli che s'illude di essere Broadway ed eccelle invece solo nel chiedere soldi a prestito, mai nel pianificare, gestire e fare. Mediaset e Campari, le ultimissime del gruppone, portano le holding in Olanda - è il nostro modo di essere europei, vivaddio - e nessuno eccepisce, come nessuno s'interroga, usando scenari e ipotesi, e numeri alla mano, di quanto succederà all'Italia a fine anno. Non ho letto un articolo puntuale in merito, nonostante subito dopo i virologi abbondino in Italia gli economisti veri e presunti.

Si può sopravvivere con un rapporto debito/Pil del 160%, con un'economia in ginocchio, con milioni di nuovi poveri e nuovi disoccupati, con tutti i sistemi allo sfascio? Qual è il piano che infine l'Italia ha in mente, quali azioni? O abbiamo paura di dire che le mirabolanti riforme di cui da sempre si fantastica, le arabe fenici che qualsiasi politicante sente il dovere di sbandierare al popolo ignorante, non sono altro che tremendi sacrifici che verranno richiesti a una popolazione già spiumata, sfiduciata e senza sogni? Trema la mano a discettare non di massimi sistemi, non di strumenti finanziari cui noi ci abbeveriamo come pellegrini, ma di quanto l'Europa ci chiederà? Tagli ai servizi e alla pubblica amministrazione, tagli agli stipendi e alle pensioni, forse imposizione di patrimoniali: ecco le prossime illuminate riforme. Un tedesco, un certo Steiner che non è l'esoterista pedagogista, ha calcolato che la ricchezza nascosta degli italiani è precisamente di 9.500 miliardi, 500 in meno di quanto dichiarato da Carlo Messina di Banca Intesa. Credo che sia compreso anche il Colosseo, il Redentore e il depuratore di Nuoro. Ma questo è l'osso che fa gola ai nostri romantici partner d'oltralpe, questo è l'obiettivo della finanza internazionale. I debiti si pagano, come spiegano i cravattai professionali.

CIRIACO OFFEDDU

MANAGER E SCRITTORE
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