È proprio vero. I nostri politici non sono insensibili né alle telecamere né ai superlativi, ma restano indifferenti alle critiche. Non ce n'è uno, mai, dico uno e sottolineo mai, che confessi di essersi sbagliato, e pertanto disposto a farsi da parte. Non ce n'è uno che dica: «Scusate, tolgo il disturbo». Sono tutti attaccatissimi al potere che chiamano dovere; parecchi, quasi tutti, come Vittorio Alfieri per stare al sicuro si fanno legare alla poltrona. Prendete Alfonso Bonafede che, siciliano di Mazara del Vallo, anziché dedicarsi alla pesca dei gamberi, sospinto da un coro di “vaffa” è finito al ministero della Giustizia. In Parlamento per la storiaccia dei domiciliari a parecchi ergastolani debilitati dal coronavirus l'hanno ridotto a fettine e cosparso di sale ma quando, come il Faust di Goethe, stava per essere condotto all'inferno, dall'alto Matteo Renzi ha tuonato: “Vai, sei salvo e che la festa continui”. Per quello che aveva combinato meritava la cacciata a sonu 'e corru, come dicono da noi. Ma siccome il momento è grave ma poco serio e - soprattutto - per molti la scampagnata a Montecitorio sarebbe bella che finita, avanti tutta. Ma che ce frega, intanto da che mondo è mondo “la cosa comunque va”. Per doverosa riservatezza e obbligata eleganza, mi astengo dal precisare dove.

ANTONIO MASALA
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