« S to cercando una pianta di mirto da mettere in balcone. Mentre tutti cucinano io mi sto dedicando alla cura delle piante. Ma qui a Londra il mirto è impossibile trovarlo».

Me lo dice Daniela Paderi, 43 anni, originaria di Sinnai. È a Londra da 5 anni e lavora nel settore alberghiero, prima Cala Volpe, ora allo Hyatt di Liverpool Street. Ha girato il mondo per lavoro ma la Sardegna è un punto di riferimento costante. Lì è cresciuta, lì sono gli affetti. Ha zii e cugini sparsi per l'hinterland cagliaritano. Si sentono spesso, anche con le amiche di infanzia. «È interessante scambiarsi notizie. Ma noto che le mie amiche e famiglia hanno vissuto un confinamento estremo. Qui a Londra non c'è stato un vero lockdown, abito vicino ad un parco, faccio la passeggiata ogni giorno. Mi dà la possibilità di respirare, anche la salute mentale è importante. Ma capisco la scelta che hanno fatto in Italia, nel nostro Paese ci sono più anziani».

Daniela tornava in Sardegna il più spesso possibile, non solo d'estate o a Natale, ma anche per dei fine settimana. Ora è impossibile. Come si sente a non sapere quando potrà tornare a casa?

« Q uesto mi rende molto triste, ma preferisco che ci siano misure di sicurezza per proteggere sia chi vuole viaggiare ma ancora di più per proteggere i sardi e la Sardegna. Dobbiamo fare scelte per l'interesse comune. Certo, mi mancano gli affetti e gli amici».

Andrea Mameli a soli 33 anni è già il manager di una della pizzerie più gettonate a Londra, Oliveto. Originario di Sorgono, anche lui sente la mancanza di poter tornare in Sardegna. «Non sappiamo quando si sbloccherà tutto, potrebbe essere un paio di mesi o un anno. Le video chiamate aiutano a non sentire la totale mancanza». Non vede i genitori da agosto, ma suo fratello vive a Sorgono vicino a loro, e questo lo aiuta ad essere più tranquillo: «Si stanno tutelando».

Nel Regno Unito i ristoranti hanno potuto continuare a fare asporto perciò Andrea ha continuato a lavorare ininterrottamente durante il lockdown. Il lavoro gli ha dato un ovvio senso di sicurezza, ma la mancanza si fa comunque sentire. «Mia madre ha sempre fatto cucina tipica, e mi ha tramandato l'arte del cucinare. Quando posso, faccio la minestra di Lampazzu per sentirmi più vicino a casa».

Chiara Caramia, 37 anni, era appena tornata al lavoro a Londra dalla maternità quando il ristorante che gestisce è stato chiuso per il lockdown. La sua bimba ha 9 mesi, trascorsi per lo più a casa dei nonni a Muravera. Da una casa piena di nonni, zii e cuginetti entusiasti del nuovo arrivo, ora la bimba vede solo mamma e papà, lui infermiere al pronto soccorso del Western Eye Hospital.

«Con i miei ora ci sentiamo quasi più di prima ma il fatto di non poter tornare in Sardegna mi fa sentire imprigionata. Non è più una questione economica, siamo impossibilitati e non c'è una data di riapertura, è quello che spaventa. Forse poi sarà come tanto tempo fa, quando un volo Londra-Cagliari costava un patrimonio. Comunque appena si potrà tornare, io tornerò, spero per l'estate. La bambina è ancora piccola, questa è una fase importante del suo sviluppo. Sarebbe troppo brutto non poter tornare e stare con i miei genitori per un anno intero. Ma la vera paura è se mi ammalo io o mio marito. Chi si prenderebbe cura della bambina? A Londra non abbiamo il supporto della famiglia estesa».

Mi richiama Daniela. «Ho trovato il mirto!». L'ha messo in balcone, speriamo che sopravviva in un clima innaturale. Innaturale come la situazione che stiamo vivendo tutti.

Fra poco, si spera, i sardi espatriati potranno tornare nella terra di origine. Ma quando saremo nuovamente in Sardegna per potervi riabbracciare, abbiate pazienza con noi. Non avendo vissuto la serietà della situazione che avete sofferto in Italia, non potremo mai capire pienamente l'effetto che ha avuto. Ma ci proveremo, e la gioia di essere di nuovo insieme nella nostra bellissima isola ci aiuterà.

BARBARA SERRA

CONDUTTRICE

DI AL JAZEERA A LONDRA
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