L a pandemia di coronavirus ha già fatto trentamila morti nel mondo e un terzo delle vittime le piangiamo noi in Italia. Un dato sconvolgente che da solo dovrebbe bastare a farci capire la tragicità del momento. Ci troviamo di fronte a un nemico invisibile, a una minaccia senza precedenti nel secondo dopoguerra. Non si intravedono ancora segnali certi di uscita dall'emergenza sanitaria ed è già sicuro che, in ogni caso, le conseguenze sul piano economico saranno catastrofiche.

Questa è la realtà, nuda e cruda. Chi fa informazione in un momento così drammatico ha il dovere morale di rappresentarla, senza infingimenti, dando conto anche di motivate e legittime polemiche, ma in primo luogo invitando i propri lettori a seguire i comportanti più virtuosi. “Stiamo tutti a casa” è il mantra di questi terribili giorni. Non è facile cambiare le abitudini ma dobbiamo farlo. Ben vengano le misure restrittive, le disposizioni drastiche, anche quelle che superano a livello locale i decreti governativi, ad esempio quelle decise dal presidente Solinas. Se in Lombardia il governatore Fontana non avesse agito così, oggi non si vedrebbe nemmeno una luce in fondo al tunnel.

P ossiamo dunque noi sardi lamentarci se veniamo (temporaneamente, si spera) privati di piccole libertà come quella di farsi la corsetta all'aperto? Dobbiamo noi cagliaritani gettare la croce addosso a un sindaco che utilizzando toni forti ha inteso richiamare la cittadinanza a una maggiore responsabilità? Certo che no. L'Unione Sarda è impegnata in questa battaglia. Darà conto di ciò che non va bene, denuncerà le carenze del sistema di protezione civile, segnalerà errori che possono esser corretti. Mai però dimenticherà gli sforzi, a volte eroici, di chi in questi giorni è in trincea: medici, infermieri, operatori dei servizi essenziali ma anche politici ed amministratori chiamati a gestire una situazione gravissima.

Le nazioni di tutto il mondo si sono trovate impreparate, oggi annaspano al cospetto dello sciame virale che miete lutti e minaccia di stravolgere gli assetti futuri. Persino una potenza come gli Stati Uniti è costretta a prendere provvedimenti eccezionali, da tempo di guerra: fabbriche requisite e riconvertite alla produzione di materiale sanitario, navi-ospedale alla fonda. Nelle prossime settimane si decideranno i destini dell'Unione Europea, esiste la concreta possibilità che la massima istituzione continentale possa saltare. Di fronte a un quadro globale del genere noi sardi non possiamo dividerci per questioni di lana caprina. Ognuno faccia appello al proprio senso civico, l'unica stella polare che può guidarci in quest'ora buia. Seguiamo senza lamentarci le disposizioni che ci vengono impartite. Andrà tutto bene. Ma solo se dimostreremo di essere responsabili, capaci di fare piccole e grandi rinunce per il bene di tutti.

MASSIMO CRIVELLI
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