Q uattro giorni fa avremmo dovuto celebrare il “Dantedì”, un modo frivolo per dire “Il giorno di Dante”. Sarebbe stata la prima volta. Questo riconoscimento alla grandezza del divino Poeta è omaggio tardivo al Padre della nostra lingua. Nel 2021 ricorrerà infatti il settecentesimo anniversario della sua morte. Nessuna eco hanno avuto le celebrazioni virtuali svoltesi in pochi santuari della cultura. In questi giorni il coronavirus focalizza ogni attenzione. Come è giusto che sia: “primum vivere, deinde philosophari”. Eppure Dante, in questo momento storico, avrebbe molto da insegnarci. La sua “Comedia”, che Boccaccio battezzò Divina, si adatta a ogni tempo perché non c'è virus che modifichi nel profondo l'animo umano. L'Italia-Nazione di allora non è diversa dall'Italia-Stato di oggi. Ancora guelfi e ghibellini. E tanta dotta ignoranza. Nella cupa grandiosità del suo Inferno Dante non metterebbe a cuocere anime insignificanti come Di Maio, Salvini, Zingaretti, Speranza. Non ne hanno la statura satanica né il valore perverso. Li lascerebbe carponi a razzolare sulla terra. Pena singolare, invece, per il duo-fenomeno Conte&Casalino. Li condannerebbe a mandare in onda il loro cabaret politico non da Palazzo Chigi ma dal Bagaglino. Che non a caso sta in via dei Due Macelli.

TACITUS
© Riproduzione riservata