U n passetto avanti, tre passi indietro. Il Cagliari, quel Cagliari che ha stupito l'Italia, è rimasto nel 2019, prigioniero di un sogno e riportato alla realtà da un campionato avvincente in vetta, in coda e ora anche in mezzo alla classifica. Senza Rog, Cigarini e un po' di fortuna, questa squadra diventa normale. Morde senza fare male, graffia ma non lascia il segno. E se quel destraccio di Nainggolan, o la ribattuta di Joao Pedro, avessero generato un pareggio, saremmo qui a scrivere lo stesso pezzo. Perché ci sono segnali, pochi, di un gruppo vivo, ma che si porta a casa 3 punti sui 24 a disposizione nelle ultime otto, incapace di impadronirsi della partita e senza quell'entusiasmo iniziale. Anche ieri, davanti a un Genoa in ginocchio, che arrivava da due sconfitte e due pareggi, con i tifosi in rivolta e un quasi quarantenne - il macedone Pandev - al quale rivolgersi in caso di emergenza. Nel pomeriggio dove la sfortuna ci vedeva benissimo (Oliva in hotel con l'influenza, Faragò e Cacciatore stroncati subito da un terreno infido), la traversa finale di Nainggolan ha chiuso il cerchio. Ci sono state serate dove il Cagliari edizione 2019 le ribaltava, fra Sassuolo e Sampdoria, adesso la ruota gira dall'altra parte. La tifoseria, soprattutto quella social, è in fermento, nonostante una classifica non più trionfale ma serena. Si chiedono epurazioni, rivoluzioni. La società, pochi istanti dopo la sconfitta di ieri, ci ha messo la faccia: «Sosteneteci, questa squadra è sana e forte», ha detto (bene) il presidente Giulini. Fiducia al gruppo, ma col Napoli sarà battaglia. E la squadra è da inventare. Bentornati nella bolgia.
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