« V ince Salvini, vedrai se sbaglio».

«Oh certo! Vince Salvini».

«Non hai ancora capito? Vince Salvini».

La sentiamo così spesso, questa roba, che ormai più che una previsione pare un nome: Vince Salvini. Tipo Vince Tempera, che scrisse la sigla di Anna dai capelli rossi (poi ammise di essersi inconsciamente ispirato al tema di Bandiera rossa, e chi non ci crede controlli su YouTube).

Vince Salvini ormai vive di vita propria e sembra solo un lontano cugino di Matteo Salvini, quello che taceva in Consiglio dei ministri mentre passava il fondo salva-stati. Invece Vince Salvini, ora che il fondo va firmato, urla al tradimento, protesta e la mette giù dura. D'altronde Vince Salvini è uno tosto, che in campagna elettorale prometteva 600mila rimpatri di immigrati irregolari. Invece Matteo Salvini quando stava al Viminale (o comunque ogni tanto ci passava) si è fermato a 6mila.

Per dire.

E pensare che un gioco di specchi così piacerebbe molto agli elettori di sinistra, dolcemente complicati e naturalmente portati alla scissione.

Soltanto che, mannaggia, Vince Zingaretti non esiste. E invece coso, Nicola, lui è quello che boh chissà.

(Forse alle prossime conviene candidare Vince Tempera. Magari ci ammolla anche una sigletta che funziona, hai visto mai).

CELESTINO TABASSO
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