V oleva uccidere. Sapeva quello che stava facendo. C'era la premeditazione. Questi tre elementi annotati sul taccuino sono fondamentali per capire e dare un'interpretazione più larga alla storia del bus dirottato da un autista con 51 ragazzini a bordo. Sul taccuino del vostro cronista ci sono altri due fatti: origine senegalese, cittadino italiano dal 2004. Infine, una frase, sottolineata, con altri due fatti: strage sfiorata, viva i Carabinieri.

Siamo di fronte a sette elementi più che sufficienti per cominciare a dare una prospettiva a questa vicenda e riunire le tessere di altri fatti sparsi nella quotidianità che appare confusa ma in realtà presenta un quadro chiaro. L'uomo che voleva far ardere vivi quei ragazzini ha avuto dal nostro paese la cittadinanza e un lavoro. Non è un reietto, non appartiene all'esistente schiera dei dimenticati e degli ultimi, ha avuto in Italia un'occasione. Piccola, umile, povera, ma un'occasione. E in questo è uguale tra gli uguali, come milioni di italiani che cercano di vivere e sopravvivere.

Quest'uomo quell'occasione l'aveva già sprecata in passato, nella sua biografia c'è la guida in stato di ebbrezza e ci sono molestie sessuali. Quell'uomo non doveva guidare e soprattutto non poteva essere lui ad accompagnare una scolaresca di bambini. Questo è un fatto grave che investe il sistema dei controlli in Italia. Su tutti. Quell'uomo era lucido, voleva uccidere, aveva premeditato il gesto, ha resistito ai Carabinieri, ha speronato delle auto, ha cercato la fuga, ha incendiato il bus. (...)

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