Ci sono cascati in tanti. Sardegna sana contro Lombardia malata, untrice.

Prima ancora dei posti letto degli alberghi vuoti, la domanda è: davvero ci sono lombardi che farebbero di tutto per andarsene al mare della Sardegna, diffondendo il virus tra i sardi, che sono pure senza terapie intensive? Davvero i sardi hanno pensato questo dei loro connazionali, come possono averlo fatto i greci e gli austriaci? Siamo italiani, o siamo lombardi, sardi, calabresi? Queste sono le grandi domande, che il nostro assetto costituzionale non ha in realtà risolto, e prima che poi dovrebbe.

Le piccole domande, invece, sono da porre a Christian Solinas, quel governatore che si è fatto paladino della sicurezza sanitaria della sua isola, senza fare la fatica di spiegare come pensava di realizzarla e a spese di chi. Salvo poi, quando non è riuscito in un intento impossibile, buttare la palla nel campo del governo centrale.

I medici dicono che non può esistere un certificato di negatività? Secondo Solinas esiste. Come è il certificato di negatività di Solinas? Non si sa. Ha parlato di test salivari coreani: li avete trovati? Li avete potuti pagare? Ha parlato di test pungidito: dove? Quanto costano? Li anticipa la Regione? Gli albergatori? Ha parlato di test negli aeroporti. Gli aeroporti hanno risposto che non hanno gli spazi. Il governatore ha proposto alternative?

No. Ora che basterà forse un’autocertificazione di negatività, è stato tanto rumore per nulla? No, per qualcosa: i pochi turisti che non avevano disdetto a causa di Covid19, lo stanno facendo ora. Gli uffici booking degli alberghi sono oggi il centro informazioni della Regione Sardegna, senza avere risposte.

“Scusi, io vorrei venire, che test devo fare? Quanto costa? Dove? Quanto tempo prima?”. “Scusi, ho un bambino di sei mesi, devo fare un prelievo del sangue per venire in vacanza? Allora cambierei programma”. Sarebbe bastato che il governatore mettesse qualcuno dei suoi a lavorare in un ufficio prenotazioni, per rendersi conto che nessuno ha la volontà di diventare untore di altri, ma tutti hanno bisogno di indicazioni chiare. Indicazioni che lui per primo non ha, non può avere e non ha dato. Il risultato è che gli alberghi erano già mezzo vuoti, con la previsione di assumere un terzo del personale stagionale di un anno pre Covid. Ora le cancellazioni continuano a superare le nuove prenotazioni, i fatturati saranno forse un sesto di quelli del 2019. Alcuni nel frattempo hanno deciso di non aprire.

Ma anche qui, il punto non è: chi pensa ai soldi, chi pensa alla salute. Queste sono guerre tra poveri. Il punto non è: chi difende i sardi, chi vuole ungerli con il Covid-19. Il punto è che la Sardegna ha cambiato la sua immagine tra gli italiani, e tra chi, straniero, è più informato. I sardi erano, ed erano percepiti, come gente ospitale, taciturna ma generosa.

Hanno dato un Regno all’Italia che stava unendosi, hanno pagato da italiani nelle due guerre mondiali, hanno espresso intellettuali e presidenti della Repubblica, italiana.

Oggi in tanti cominciano a vederli come un popolo gretto ed egoista, che pur di salvarsi da un virus - in fase calante, con terapie intensive vuote su tutto lo stivale - fa valere la sua insularità come mai prima, a senso unico, con ironie indegne del popolo fiero che si conosceva.

Ciò che rimarrà sarà il fastidio e l’antipatia verso un popolo che ha scelto di trincerarsi dietro slogan irrealizzabili, rinunciando alla solidale accoglienza verso chi ha patito un’epidemia, e che volentieri si sarebbe sottoposto a un test, se avesse saputo come. È un’immagine, quella del popolo sardo, già scaduta nell’immaginario collettivo. Questo non potranno cambiarlo gli uffici comunicazione della Regione Sardegna più potenti che dovessero avvicendarsi nei prossimi trent’anni.

UN ALBERGATORE DELUSO
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