"Cara Unione,

il tema dell’autonomia regionale differenziata, rivendicata dalla Lombardia, dal Veneto e dall’Emilia Romagna anima il dibattito nei Media e tra le forze politiche e tocca anche la scuola. Più di recente se n’è occupato il Corriere della Sera, con un articolo del professor Gerardo Villanacci, titolare della cattedra di diritto privato nell’Università Politecnica delle Marche. Egli riconosce l’importanza dell’autonomia, ma vuole nel contempo garantire l’unità dello Stato. Propone di seguire l’esempio della Germania nell’ultimo dopoguerra, allorquando, recuperata l’unità politica, essa è riuscita a promuovere lo sviluppo della parte Est del Paese sottosviluppata, senza mortificare la già prospera parte occidentale. La metodologia adottata fu quella della compenetrazione delle sinergie, consistente nel porre al servizio delle zone depresse del Paese le risorse e le efficienze della parte più evoluta, in modo tale da assicurare il benessere e l’unità dell’intero Paese.

Con riferimento alla situazione attuale dell’Italia, il professore prende in esame i diversi settori chiamati a concorrere alla auspicata crescita comune coordinata e concomitante e fa riferimento anche alla scuola, uno dei settori notoriamente in crisi. Il nostro sistema scolastico gli appare, come in effetti è, inegualmente sviluppato nelle diverse parti del territorio, con la scuola del mezzogiorno a far la parte che ricorda quella svolta dalla Germania dell'est, e coi docenti protagonisti in negativo della situazione di sottosviluppo, indirettamente paragonati agli operai stanchi e defedati del Magdeburgo.

Il metodo della compenetrazione di sinergie, applicato al settore scolastico, esclude, secondo il professore, che la soluzione vada ricercata nell’incremento dell’autonomia delle regioni più sviluppate, che hanno belle scuole e insegnanti puntuali e preparati, ma piuttosto nell’incentivare questi ultimi, gratificandoli anche economicamente, ad operare nelle zone di maggior degrado, particolarmente diffuse nella parte bassa dello stivale.

In pratica, una migrazione di bravi docenti da Nord a Sud, inversa a quella di insegnanti disoccupati in atto da anni dal Sud al Nord, ma diversamente motivata, una sorta di scambio o travaso di valori pedagogici opportunamente incentivata. Ma qui il professore rivela un grave pregiudizio e una insufficiente conoscenza della materia. Il pregiudizio è lo stesso di cui è vittima il Ministro Bussetti, quando attribuisce ai docenti del Sud, e ad essi soltanto, mancanza di spirito di sacrificio e scarso impegno nel lavoro. La scarsa padronanza della materia è dimostrata dal fatto che egli, sempre il professore, mostra di ignorare che molti tra i docenti che amano il lavoro e fanno belle e funzionanti le scuole del Nord provengono dalle terre meridionali del degrado e dell’apatia, dove molti di loro vorrebbero tornare, unico incentivo la nostalgia del paese natio e degli affetti abbandonati.

Accanto al deprecabile e ricorrente luogo comune sulla pigrizia del Meridione contrapposta all’operosità del Nord, ricompare il solito equivoco pedagogico, consistente nella tendenza a vedere nel docente il responsabile unico dell’andamento della scuola, dei suoi successi, troppa grazia, come degli insuccessi, trascurandone la dimensione sistemica che vede la docenza formale come una fra le tante variabili operanti nella gestione dell’impresa educativa, tra cui non ultime per rilevanza e forza condizionante quelle di contesto, ambientali, familiari e culturali, strutturalmente incorporate nei giovanili profili degli allievi in qualche misura da esse già plasmati e non sempre in senso positivo o educativamente valido".

Gabriele Uras

(già dirigente scolastico - Sardegna)

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