"Cara Unione,

nella mia vita affettiva, familiare, le donne hanno avuto un ruolo di centralità e di forza.

Non erano donne con i pantaloni, emancipate e anticonformiste , bensì solidi cardini di una grande famiglia un po' allargata, divenute tali per necessità e per scelta.

Alcune di loro (nonne e zie non sposate), con supervisione, si assicuravano che in famiglia tutto andasse al meglio, anche quando le questioni si facevano spinose a causa di separazioni, malattie o lutti. Il compito oneroso di sistemare le cose, senza mancare se lo prendevano loro, le donne.

Ecco, l'esempio femminista che io ho avuto è questo. È un esempio tipico della gestione familiare sarda, che arriva da lontano; dal tempo in cui gli uomini stavano fuori per lavoro per tanto tempo, nei pascoli o in miniera, in alcuni casi anche nel continente e tornavano in famiglia solo in determinati periodi dell'anno.

Le donne rimanevano nella loro comunità, con la responsabilità di gestire la famiglia, curando anche i rapporti sociali, importantissimi nella condivisione delle problematiche quotidiane.

Si praticava la cottura collettiva del pane, in caso di necessità si allattavano al seno anche i bambini non propri, c'era solidarietà nella vita e nella morte. Il senso comunitario era molto forte perché di primaria importanza, quasi indispensabile per una buona sopravvivenza. Tutto questo in larga parte è andato perso, ma non nella memoria, preziosa.

Così che, almeno per oggi, ho voluto tracciare un profilo diverso, un'altra forma di pensiero femminista, certamente ormai anacronistico, ma forse non molto distante dal significato moderno di parità. Parità perché uomo e donna hanno sempre avuto ruoli diversi ma complementari fra loro, in uno scambio spontaneo delle parti.

Di libertà perché è stata spesso una condizione anche voluta.

Tuttavia, la legge non è stata in grado di garantire l'uguaglianza, finché le femministe non fecero sentire la loro voce. Alcune donne della mia famiglia, in seguito, in un certo modo presero parte a questa rivoluzione culturale, mentre le altre andavano avanti come sempre, nella convinzione di essere a loro modo femministe, perché appagate nel portare avanti una libera scelta.

Una donna libera infatti è colei che può decidere per sé; di laurearsi, di intraprendere la carriera lavorativa o politica, oppure anche di portare il velo per motivi religiosi e culturali, come facevano le nostre nonne.

Le violenze e i soprusi poi, esistevano allora come oggi, ma quella purtroppo è una questione ancora da risolvere.

In un momento così delicato per la condizione femminile, ho voluto ricordare questo aspetto, che non ha nulla a che fare col rapporto uomo/donna, ma piuttosto col rapporto donna/comunità.

Da domani però, sarò donna del mio tempo, attenta osservatrice, pronta a difendere il diritto alla parità di genere. Ma soprattutto pronta a partecipare attivamente ad un nuovo movimento femminista, contro ogni forma di violenza".

Sara Brianda - Tissi (Sassari)

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