"Gentile redazione,

sono un sardo residente a Milano, tifoso dell'Inter oltre che del Cagliari per amor di mio figlio, e da anni abbonato alla nostra squadra lombarda del cuore.

Ora, per la decisione del giudice sportivo di far disputare le prossime gare casalinghe a porte chiuse, si nega a me e a mio figlio e senza che vi sia alcuna prova di un nostro coinvolgimento nei disgustosi cori razzisti sentiti allo stadio, di prendere parte a una partita per cui abbiamo regolarmente pagato il biglietto.

Il messaggio che ricevo, purtroppo, è che il campionato con i suoi sponsor e contratti miliardari con le televisioni è importante, va avanti e va tutelato, il mio abbonamento no.

E chi se ne importa di tessere del tifoso, posti numerati, telecamere, tornelli, steward e quant'altro: nel calcio la giustizia pare essere impotente, e si punisce sempre alla cieca sulla base dell'assunto che il tifoso appartiene a una categoria che raggruppa persone macchiate da un non ben precisato peccato originario.

Con i tifosi tutto è lecito, grazie di cuore alle nostre istituzioni".

A.P. - Milano

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