Pubblichiamo oggi la riflessione di un lettore sulla realtà, sempre più dominata dai rapporti virtuali e digitali, e il conseguente senso di smarrimento che spinge molte famiglie verso il baratro dell'indifferenza.

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"Gentile redazione,

da un po' di tempo disertavo la chiesa d'un paese che mi è caro, nel Cagliaritano.

Antica, monumentale, accoglie i fedeli con imponente benevolenza.

L'ho rivisitata di recente.

Sul leggìo vicino all'ingresso è aperto un grande quaderno dalla copertina scura: anelloni di metallo tengono insieme pagine bianche, che vengono aggiornate di continuo.

Vi lasciano messaggi i fedeli, e il racconto popolare va avanti incessante: confessioni di debolezza, richieste disperate d'aiuto, tracce d’intimi affanni, ringraziamenti commossi per una preghiera esaudita.

Guardando la documentazione degli ultimi mesi, ho trovato tante richieste disperate d'aiuto, e molte scritte in una lingua italiana stentata, non certo appartenente a persone nate e cresciute nel nostro Paese.

Una ha però attirato, in particolare, la mia attenzione: era di un marito, che invocava maggiori attenzioni dalla moglie sempre impegnata sui social network.

Seguivano altre quattro frasi, scritte da altrettante persone che condividevano lo stesso stato di distacco, in famiglia, causato da questa giungla di relazioni, per lo più virtuali, cui manca il colore dell'umanità autentica.

Non che questa sia una scoperta. Ma credo che sia un tema di seria riflessione.

A partire proprio dalla Chiesa: che dovrebbe offrire in ogni edificio sacro ai fedeli (e ai non fedeli) la presenza d'un quaderno dalla copertina scura con anelloni di metallo che tengono insieme pagine bianche pronte da riempire. Ma soprattutto, dovrebbe conservarne i capitoli, facendo in modo che qualcuno li legga con misericordia e, quand'è possibile, ne rintracci gli autori alleviandoli dal castigo dell'indifferenza".

Massimo Cocco - Cagliari

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