Pubblichiamo oggi la riflessione di un lettore circa gli insulti arrivati ieri al sindaco Zedda via social e la violenza che troppe volte si esprime, in un "vigliacco" anonimato, via web.

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"Gentile Redazione,

la maleducata, scomposta e irriverente reazione popolare nei riguardi del Sindaco di Cagliari non mi ha certamente sorpreso, considerata la mia anagrafe che mi permette utili confronti con un passato nemmeno tanto lontano e di gran lunga migliore del presente. Il diagramma dell'inciviltà è in ascesa esponenziale ed il punto di non ritorno ha già superato i livelli di guardia.

Sia chiaro: ognuno, in democrazia, è libero di esprimere verso qualsivoglia personaggio in vista, il consenso o la dissonanza: non fosse così, torneremmo in Italia all'abominevole Ventennio mussoliniano, l'unica dittatura mai esistita da noi, che arrivò a censurare, oltre i fatti spiacevoli di casa nostra, anche le tremende invasioni perpetrate in Etiopia, Russia, Grecia e Jugoslavia, con mezzi come le armi chimiche e l'annientamento delle popolazioni locali, del quale per decenni si è rimasti all'oscuro.

Ma Massimo Zedda, al quale indipendentemente dalla sua ideologia esprimo la mia (e di tantissimi altri) solidarietà, non ha subìto solo un attacco alle sue idee, che risulterebbe normale, ma alla propria persona, indole e responsabile dell'Amministrazione cittadina che è fuoriuscita dai cànoni della normale dialettica, per incunearsi verso gli estremi lembi dell'insulto, della denigrazione, dell'offesa, dell'augurio di tutti i mali fisici e psichici più perversi.

Vorrei scrivere un'esperienza personale. Sono iscritto ad un Blog del Corriere della Sera: ha raggiunto i 20 anni di vita, è autorevole ma soprattutto con precise disposizioni, che mi spinsero, entusiasta, alla partecipazione: obbligo assoluto e tassativo di nome, cognome e indirizzo mail. Senza tali vincoli, mai avrei aderito, vista l'aria che tira in questa Italia ormai allo sbando totale da un punto di vista della partecipazione alle regole.

Chi ha scritto, coperto dall'anonimato, quegli insulti irripetibili verso il Sindaco cagliaritano è lo specchio della Sardegna di oggi, una fetta consistente, avulsa al concetto civile del convivere in una società che si rispetti. Questi leoni da tastiera, sempre pronti all'insulto gratuito, alla mortificazione incivile dell'interlocutore, sono l'immagine di una società in disgregazione, destinata, inevitabilmente, allo scontro frontale coi propri simili.

Se L'Unione Sarda, solo per fare un esempio, imponesse ai commentatori l'obbligo delle generalità, non uno di essi si presenterebbe, perché mostrare oggi la propria faccia è diventato per loro un traguardo irraggiungibile, vacuo ed irrealizzabile: il "farsi vedere", infatti, non fa parte della loro esistenza. Hanno paura del "faccia a faccia", fuggono, si nascondono negli anfratti più bui per riapparire occasionalmente con la loro messe di insulti verso chi possiede idee differenti alle loro.

Ecco quindi che in Italia ha un successo spropositato quella specie di farsa chiamata "Facebook". Loro, i paurosi, si creano uno spazio riservato solo agli "amici". Si credono importanti, degli Dei in terra, e a ritmo continuo scrivono i sermoni che esaltino il proprio smisurato "io". Ed alla fine, avendo appunto scelto gli "amici" assonanti, godono degli scroscianti applausi che ricevono. Il grande Giuseppe Prezzolini, decenni fa, puntualmente scrisse che saremmo arrivati a questo livello.

Ma nel commentare argomenti nei giornali, tacciono le loro generalità, nascondendosi dentro i parametri della propria nullità. "To be afraid", si dice comunemente: difatti il "coraggio" bisogna possederlo spontaneamente, e loro non l'hanno".

Mario Sconamila - Finlandia

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