Che cosa succede se un operatore della sanità non si vaccina? Il titolare di una Rsa veneta ha preso una decisione prima ancora che il governo rendesse obbligatori i vaccini per tutti gli operatori socio-sanitari: ha vietato l'accesso al posto di lavoro e messo in ferie - retribuite - i lavoratori no vax. Che per tutta risposta hanno fatto ricorso al giudice chiedendo di tornare subito nella Rsa. Ma il Tribunale di Belluno il 19 marzo scorso ha respinto l'istanza dei dipendenti con ciò dando ragione al datore di lavoro. In sostanza: il lavoratore no vax può essere messo in ferie forzate. Resta in tutta la sua complessità il problema legato al dopo: che cosa succede quando le ferie finiscono? Sospensione senza stipendio? Licenziamento? Per il momento non ci sono pronunce.

Vediamo dunque che cosa ha deciso il Tribunale di Belluno attraverso le motivazioni depositate nei giorni scorsi. Con un ricorso d'urgenza i dipendenti della Rsa di Belluno e Sedico hanno sollecitato la riammissione in servizio ma il giudice ha dato ragione al datore di lavoro. In sostanza, secondo il Tribunale di Belluno non è soltanto legittimo ma addirittura doveroso che la residenza sanitaria assistita allontani dal posto di lavoro gli operatori che si rifiutano di vaccinarsi.

L'ordinanza - destinata a fare giurisprudenza - fa perno sull'articolo 2087 del Codice civile in base al quale il datore di lavoro "ha il dovere di garantire la sicurezza dei propri dipendenti. L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".

Il Tribunale sottolinea come sia "ormai notoria l'efficacia del vaccino nell'impedire l'evoluzione negativa della patologia causata dal virus Sars Cov 19, essendo noto il drastico calo di decessi causati dal virus fra le categorie che hanno potuto usufruire del vaccino, quali il personale sanitario e gli ospiti della Rsa, nonché, più in generale, nei Paesi come Israele e Stati Uniti dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui. I giudici bellunesi ricordano poi che i lavoratori messi in ferie che hanno presentato ricorso sono tutti impiegati in mansioni che li portano a contatto con persone che accedono a loro luogo di lavoro ed è dunque evidente il rischio di essere contagiati.

Ebbene, la presenza di dipendenti non vaccinati secondo il Tribunale di Belluno comporterebbe per il datore di lavoro la violazione dell'obbligo di cui all'articolo 2087 del Codice civile che gli impone di adottare tutte le misure necessarie a tutela dell'integrità fisica dei suoi dipendenti. Non solo: "Il vaccino viene in questo momento offerto solo al personale sanitario e non anche a quello di altre imprese, stante la scarsità per tutta la popolazione, e costituisce una misura idonea a tutelare la salute degli individui ai quali viene somministrato, prevenendo l'evoluzione della malattia". A questo punto i giudici ricordano che ogni dipendente ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite, possibilmente in modo continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto sia delle esigenze dell'impresa sia degli interessi del lavoratore. Sull'esigenza del dipendente a un diverso periodo di ferie prevale dunque quella del datore di lavoro a osservare la legge.

L'ordinanza respinge anche l'ipotesi paventata dai dipendenti no vax messi in ferie forzate: temevano che finite le ferie il datore di lavoro potesse procedere con la sospensione, questa volta senza retribuzione, e addirittura al licenziamento. Sul punto il Tribunale di Belluno motiva col fatto che "non risulta alcuna intenzione del datore di lavoro di procedere in questo senso", quindi di fatto i giudici non prendono posizione su quello che potrebbe succedere se il periodo di contagio e il rifiuto del vaccino dovessero continuare fin dopo l'esaurimento del periodo di ferie annuali.

Ma, se la decisione del datore di lavoro è legata al dovere di garantire la salute sia del dipendente sia delle persone con le quali viene in contatto, è evidente che le ferie forzate sono una soluzione temporanea. E se il pericolo di contagio resta e il lavoratore insiste nel no al vaccino il tema della retribuzione del lavoratore sospeso e, anche, della sua licenziabilità, prima o poi dovrà essere comunque affrontato.
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