Quell'aprile 1488 andò ben oltre la storia. Dalla torre di Ravaldino, in una Forlì devastata da sommosse e accerchiata da popolani e congiurati, apparve una donna selvaggiamente fiera e sconvolta dall'ira. Guardava fisso verso il basso da dove giungevano le urla dei suoi sei figli (9 anni il più grande), ostaggi degli assalitori che minacciavano di ucciderli in caso di mancata resa del castello. Lei è Caterina Sforza, signora di Imola e contessa di Forlì, risoluta e battagliera, donna colta cresciuta nella corte degli Sforza a Milano. Una presenza incantevole, dicono ripetutamente le cronache dell'epoca, ma indomita e temeraria come il nonno, Francesco Sforza. Caterina ha 25 anni, e cinque giorni prima i ribelli le hanno assassinato il marito, Gerolamo Riario, nella congiura capitanata dai forlivesi Orsi. Niccolò Machiavelli, ammiratore e contemporaneo di Caterina, nei suoi Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, racconta un particolare incredibile di quella vicenda: Caterina dall'alto della rocca si scoprì il pube e «mostrò ai ribelli le membra genitali» urlando più o meno queste parole: non ho paura di voi. Fate quel che volete dei miei figli! Perché ho qui il modo per farne altri! Una scena di una violenza superiore, vero emblema della vita di una donna straordinaria.

IL CODICE DI CATERINA Circa 540 anni fa Lorenzo di Credi, pittore fiorentino allievo del Verrocchio, dipinge un'opera dove viene raffigurata una donna raffinata, delicata e bella, in abiti rinascimentali. È la Dama dei gelsomini o Ritratto di giovane donna, realizzato a olio intorno al 1481. È considerato il ritratto di Caterina Sforza, sebbene la critica sia molto divisa sulla identificazione del soggetto. La fama della nobildonna fra i suoi contemporanei va ben oltre. L'esperta d'arte Magdalena Soest ritiene di avere tutte le conferme che la Gioconda di Leonardo da Vinci sarebbe Caterina Sforza. Anche Botticelli nel suo capolavoro La Primavera avrebbe ritratto la Contessa: si ipotizza che una delle 3 Grazie in primo piano, quella a destra nel gruppo, sia proprio Caterina.

Ma chi era questa signora del Rinascimento che entrò nella vita e nell'arte di Botticelli, del Ghirlandaio, Perugino, Signorelli, frequentò Leonardo e il Savonarola, ed emozionò i posteri a distanza di secoli come risulta dagli scritti di Gabriele D'Annunzio, Antonio Gramsci e molte donne del Futurismo? Lei, la Tygre di Forlì, trattò con papi e sovrani, combattente e passionaria, alchimista e chimica, fu autrice tra l'altro di un articolato ricettario: "Experimenti de la Ex.ma S.ra Caterina da Furlj Matre de lo Inlux.mo Sig. Giouanni De' Medici copiati dagli autografi di lei dal Conte Lucantonio Cuppano, colonnello ai servigi militari di esso Giovanni De' Medici detto Dalle Bande Nere". Un codice di ricette di cosmesi, medicina e chimica, che un ufficiale dell'esercito di Giovanni Dalle Bande Nere (figlio di Caterina), aveva trascritto intorno al 1525. Il manoscritto nell'ottobre del 1887, venne ritrovato a Roma, da Pier Desiderio Pasolini di Ravenna e pubblicato a Imola nel marzo 1891.

LA SIGNORA Caterina Sforza era nata nel 1463 a Milano. Era la figlia illegittima di Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano e Lucrezia Landriani, dama di corte. Fu educata dalla nonna Bianca Maria Visconti nella raffinatissima corte milanese. A dieci anni viene promessa sposa, come era uso, a Gerolamo Riario, signorotto di Imola ma soprattutto nipote di papa Sisto IV. Un affare di Stato, diremmo oggi, che fruttò a Riario anche il titolo di signore di Forlì. Alla morte del Papa (1484), Roma è in preda al caos innescato dalle varie famiglie cardinalizie avversarie. Caterina ha circa vent'anni e, minacciata da ritorsioni e vendette, raggiunge la fortezza di Castel Sant'Angelo, di cui il marito era governatore. Mentre Riario è in fuga, lei inizia una feroce trattativa, i cannoni della rocca sono puntati contro il Vaticano. Il Sacro collegio dei cardinali è praticamente costretto a scendere a patti. Fu così che lei e il marito riuscirono a mantenere titoli e concessioni avuti dal precedente pontefice. In sei anni circa diventa madre di sei figli. Quelli che i rivoltosi di Forlì avevano legato alle macchine belliche come ostaggi. Stringe accordi politici e si rivela una grande stratega, risoluta e spesso spietata con i suoi detrattori. Niccolò Machiavelli la ricorda anche nel trattato Dell'Arte della guerra: «Crudelissima, quasi una virago». Per lui Caterina fu in qualche modo il Principe perfetto capace di diplomazia e violenza pur di salvare lo Stato. La contessa Sforza non si intimorì neppure davanti alla ferocia di Cesare Borgia, il figlio di papa Alessandro VI. Rifiutò di far sposare il suo primogenito Ottaviano con Lucrezia Borgia. La donna non le ispirava fiducia. E fu capace di vivere le sue grandi passioni: alla morte del marito ha una rapporto segreto e travolgente con un castellano, Giacomo Feo (pure lui, come Riario, ucciso in un agguato). Nel 1495 altro matrimonio segreto: Caterina si innamora perdutamente di Giovanni de' Medici detto il Popolano. Da questo amore nasce Ludovico, che in ricordo del padre viene chiamato Giovanni. Passerà alla storia come il grande condottiero Giovanni dalle Bande Nere, genitore del primo granduca di Toscana, Cosimo I de' Medici. Le ostilità con i Borgia e soprattutto con il Valentino si fanno sempre più violente. In guerra con Venezia e sotto assedio dagli eserciti francesi, la Tygre di Forlì, difende con tutte le sue forze i sui Stati. Agli inizi del 1500 le truppe di Borgia entrano nella rocca e Caterina è catturata e portata a Roma. Prima in custodia nel Vaticano e poi rinchiusa nelle prigioni di Castel Sant'Angelo, viene liberata solo dopo essere stata costretta a rinunciare ai propri territori, che finiscono nella disponibilità del Valentino. La Sforza fugge a Firenze dove si ammala e muore di polmonite. È il 28 maggio 1509.

IL GRAFFIO DELLA TIGRE Tante cronache del tempo parlano di Caterina come di una donna dalla bellezza unica e dal fascino straordinario. Il suo gesto di sfida (riportato dal Machiavelli) dalla rocca di Ravaldino, ha segnato la sua vita. Un denudamento che ha origini e significati antichi, ma che con lei si carica di valori moderni. Il graffio di Caterina continua a tagliare le coscienze. Ed è riapparso il 18 luglio 2020 in "Naked Athena", la giovane americana che durante le proteste antirazziste a Portland, in Oregon, scoppiate dopo l'omicidio di George Floyd, ha sfidato un cordone di poliziotti americani in tenuta antisommossa. È l'una e 45 di notte a Portland. La donna col volto coperto si avvicina a loro. È completamente nuda. Si siede a terra allargando le gambe davanti a quel muro di caschi, gas urticanti e manganelli. Un fotografo giornalista due giorni dopo posta quella immagine di una violenza disarmante. La foto fa il giro del mondo. E del tempo.
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