Cinque. Negli ultimi venticinque anni soltanto cinque nomi sono stati aggiunti a un albo d'oro che più d'oro non si può. Il Giro di Sardegna di ciclismo è sempre più una corsa con la testa rivolta all'indietro, a un passato che ogni anno sembra poter tornare presente ma che invece ha soltanto un futuro molto incerto. E, pescando tra le ricorrenze, non si fa altro che aumentare il rimpianto e il desiderio di rivedere i campioni sfidarsi sulle strade dell'Isola.

DIECI ANNI FA Dall'ultima edizione, datata 2011, sono passati già dieci anni. La pandemia ha impedito che la corsa tornasse nel 2020 e le speranze che lo faccia nel 2021 (è in calendario in un'inedita data autunnale, 12-16 ottobre) diminuiscono ogni giorno che passa. L'ultimo vincitore resta un fuoriclasse del ventunesimo secolo, Peter Sagan. Forse non è corretto dire che si rivelò a 21 anni sulle nostre strade, visto che aveva già lasciato il segno nel 2010: due vittorie (e due secondi posti) alla Parigi-Nizza, una al Romandia, altre due (e un secondo posto) al Tour of California, secondo in altre tre corse in linea. A febbraio 2011, quando fulminò Alessandro Ballan e Daniel Oss (suo compagno alla Liquigas-Domo) a Porto Cervo poteva anche essere pronosticato. In fondo arrivava in Sardegna con il 4° posto di Donoratico e l'11° di Laigueglia nella valigia. A fugare ogni dubbio ci mise poco. Il giorno successivo concesse appena 2 a scalatori come Damiano Cunego e Josè Serpa, arrivando 4° sull'Ortobene. Poi si prese la rivincita sugli stessi avversari sulla meno impegnativa salita verso Lanusei, dove sgranò il gruppo, e mostrò le proprie qualità nella volata di gruppo di Oristano, consolidando il primato. Per aggiudicarsi il Giro doveva soltanto difendersi sull'ultimo arrivo, in salita, alla Giara di Gesturi, sullo sterrato. Arrivò ancora quarto, a 11 dall'indimenticabile Marco Scarponi e a 8 da Serpa, sul quale conservò tre decisivi secondi in classifica generale. Nessuno gli ha ancora chiesto la corona di re di Sardegna. L'organizzatore Stefano Pilato ha provato a dargli un erede, ma non è detto che ci riesca.

Peter Sagan vince a Porto Cervo nel 2011 (foto archivio L'Unione Sarda)
Peter Sagan vince a Porto Cervo nel 2011 (foto archivio L'Unione Sarda)
Peter Sagan vince a Porto Cervo nel 2011 (foto archivio L'Unione Sarda)

VENTICINQUE ANNI FA È invece passato giusto un quarto di secolo dalla scintillante edizione del 1996. Fu Gino Mameli, organizzatore monserratino con pochi mezzi, tante idee e una passione che gli faceva sorvolare le difficoltà, a colmare quei tredici anni di assenza dal calendario. L'ultima corsa, nel 1983, aveva premiato Gregor Braun, capace in quello stesso anno di vincere la tappa di Savona al Giro d'Italia e il campionato tedesco, già vincitore dell'edizione 1980 (con una tappa a cronometro). Finalmente, dopo aver fatto esperienza con i circuiti a premi, Mameli fece il grande passo. Nell'Isola arrivò un cast degno del Giro d'Italia (che in quegli anni non era sui livelli attuali, va detto), con la Gewiss che in quegli anni dominava. Il capitano era il russo Evgeny Berzin, ma in squadra c'era un biondino che andava come un razzo. Non a caso, pochi giorni prima Gabriele Colombo aveva vinto la Milano-Sanremo. Si portò a casa la coppa e lasciò la sua Bianchi al presidente della Regione, Federico Palomba. Per vincere gli bastò il terzo posto sull'Ortobene (a quasi 12' dal vincitore, l'abruzzese Marco Antonio di Renzo e a 11 da Giampaolo Mondini (protagonisti di una fuga di 200 km nella Cagliari-Nuoro). Fu un'edizione bella, anche se oggi si ricorda con un velo di tristezza. La prima tappa, a Quartu, marchiata da una splendida azione del "Diablo" Chiappucci, fu vinta da Denis Zanette, l'imbianchino di Sacile, che morì sulla sedia del dentista sette anni dopo, non ancora 33enne. Tra gli altri protagonisti, tre velocisti: lo scorbutico uzbeko Djamolidine Abdoujaparov (primo a Cagliari), l'elegante e potente ceco Jan Svorada (ad Alghero) e il figlio d'arte Adriano Baffi (vincitore a Tempio), che cinque anni prima aveva lasciato la Sardegna incerottato dopo la rovinosa caduta appena oltre il traguardo di viale Diaz, a Cagliari, dove era stato battuto da Mario Cipollini nella terza tappa del Giro d'Italia 1991.

Eddy Merckx (a destra) vincitore nel 1971 (foto archivio L'Unione Sarda)
Eddy Merckx (a destra) vincitore nel 1971 (foto archivio L'Unione Sarda)
Eddy Merckx (a destra) vincitore nel 1971 (foto archivio L'Unione Sarda)

CINQUANT'ANNI FA Per ricordare il lignaggio della corsa sarda, ideata da Franco Pretti negli anni Cinquanta, vale la pena ricordare l'edizione di cinquant'anni fa. Fu la seconda delle quattro vinte dal più forte corridore di tutti i tempi. Eddy Merckx era un assidue frequentatore della Sardegna, a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Già vincitore nel 1968, beffato da Patrick Sercu nel 1970, si presentò determinato al via, quell'anno fissato a Potenza(!). Sul traguardo di Salerno chiarì subito in volata i rapporti di forza e si imbarcò per Cagliari da leader. A Oristano Sercu si prese la rivincita ma nella terza frazione, che si arrampicava a Macomer, il "Cannibale" fu ancora vincitore. L'indomani controllò la situazione nella crono Sassari-Porto Torres (lo battè soltanto Ole Ritter, al quale l'anno dopo avrebbe soffiato il record dell'ora), poi conquisto anche la tappa finale, a Nuoro, battendo "cuore matto" Franco Bitossi e aggiudicandosi la corsa davanti a Gosta Petterson ed Herman van Springel. Merckx conquistò altri due volte il Giro di Sardegna, nel 1973 e nel 1975, anno in cui vinse finalmente anche la Sassari-Cagliari, nella sua edizione più "folle", disputata in circuito a Monte Urpinu.
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