La Cina ancora una volta è davanti a tutti. È il primo Paese a lanciare un Covid passport per consentire ai cittadini di riprendere a viaggiare. Si tratta di un documento digitale al quale si accede attraverso una piattaforma, che contiene il certificato di avvenuta vaccinazione, oppure i risultati di test. Nonostante alcune posizioni contrarie e i dubbi sulla privacy e la democraticità del sistema, ormai tutto il mondo - governi, aziende e tour operator - è orientato verso la creazione di un lasciapassare sanitario per far rimettere in moto il turismo e gli spostamenti in generale. Non è un caso che, già da mesi, sono state le compagnie aeree a far decollare i voli Covid tested, collegamenti con un rigido protocollo di screening e tamponi (prima ancora che arrivassero i vaccini) che una volta a destinazione evitano al passeggero la quarantena (obbligatoria in molti Stati). Ora finalmente anche l'Unione europea ha avviato concretamente il percorso (che non si preannuncia tutto in discesa) per il "Digital green certificate", con la presentazione di una proposta di legge da parte della Commissione. Bruxelles ha diffuso nei giorni scorsi un vademecum che spiega le funzionalità del "pass", che sarà disponibile sia in formato elettronico che cartaceo e avrà un codice QR a garanzia di sicurezza. Il documento coprirà tre tipi di certificato: quello di vaccinazione (prima dose o anche richiamo), di negatività ai test, di presenza di anticorpi sviluppati dopo aver contratto il Covid e la guarigione. L'obiettivo è quello di creare un modello standard, che sarà accettato non soltanto in tutti gli Stati membri, ma anche in Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svizzera, e poi in tutto il pianeta.

Una rete di 60 organizzazioni europee del travel ha predisposto un manifesto che mette in fila una serie di indicazioni e raccomandazioni per l'Unione europea. Si chiama "Exit strategy, preparing to restart travel and tourism", e vuol far sì che entro l'estate si possa veramente ripartire in sicurezza e ripristinare la libertà di circolazione delle persone. "Il nostro obiettivo è che l'Europa torni a essere quanto prima la principale destinazione turistica al mondo, ovviamente in sicurezza", dice una nota del gruppo diffusa a febbraio, "man mano che i programmi di vaccinazione dell'Ue progrediscono e proteggono i cittadini più vulnerabili, occorre prepararsi insieme per la ripresa dei viaggi. E non c'è tempo da perdere: i preparativi per un approccio comune devono iniziare ora per ripristinare la fiducia del pubblico entro l'estate».

Una volta che la situazione epidemiologica lo consentirà - sottolinea il Manifesto - gli sforzi devono essere mirati a rimuovere le restrizioni in modo coordinato, in tempo per la stagione estiva del 2021. I preparativi devono iniziare subito. Questo dovrebbe anche creare maggiore stabilità e prevedibilità, elementi chiave che influenzano la fiducia dei consumatori e delle imprese. Secondo l'alleanza, le restrizioni ai viaggi non dovrebbero essere generalizzate ma mirate e adattate all'andamento dell'epidemia nei territori, anche su base "isolana", come potrebbe essere il caso di arcipelaghi turistici come le isole greche, Baleari, Canarie, Madeira e Azzorre.

L'alleanza invita inoltre l'Ecdc (European Centre for disease prevention and control), insieme alle autorità nazionali, ad aggiornare regolarmente i criteri man mano che i programmi di vaccinazione procedono e, una volta raggiunta una certa percentuale di immunità (con tutte le persone vulnerabili vaccinate) le chiusure alle frontiere dovrebbero essere rimosse. Quando gli Stati membri decidono di imporre ulteriori restrizioni o di modificare le norme in vigore, dovrebbero notificarlo alla Commissione e agli altri Stati in anticipo, ad esempio cinque giorni prima, in modo da salvaguardare i flussi (sia passeggeri che merci) il più possibile. Per quanto riguarda i test, si auspica che le autorità nazionali si impegnino in campagne di comunicazione chiare ed efficaci, per garantire il rispetto delle regole durante il viaggio e a destinazione. Si chiede inoltre un quadro armonizzato sui test: con prezzi accessibili e quantità sufficienti ovunque e il riconoscimento reciproco degli stessi test.

Il Manifesto europeo del turismo chiede la rapida istituzione di un sistema di verifica digitale per test e vaccinazione, allineato agli standard internazionali, soprattutto a quelli già messi in campo da Iata (l'organizzazione internazionale delle compagnie aeree). La priorità dovrebbe essere data alla verifica remota, in modo che i clienti possano assicurarsi di essere conformi già prima di uscire di casa, riducendo così i tempi di attesa e le code in aeroporto. Sui certificati di sanità nel complesso l'Unione europea dovrebbe sviluppare una strategia a lungo termine, con la prospettiva di coprire malattie o minacce simili anche in futuro.

Il certificato sanitario elettronico può essere richiesto per svolgere determinate attività (viaggi) o per concedere l'accesso a una determinata area o zona (attraversare un confine o entrare in un edificio pubblico).

Dovrebbe includere: la dichiarazione sullo stato di salute del passeggero, il controllo della temperatura, il risultato di un test Covid-19 (PCR, antigene, anticorpi o altro) e la sua validità temporale, una prova di vaccinazione Covid-19 (se disponibile), lo stato "pronto per il viaggio" o "non pronto per il viaggio", altre informazioni pertinenti (esenzione da vaccini, immunità, ecc.). Questo certificato deve essere collegato al titolare tramite un documento d'identità ufficiale con cognome, nome di battesimo, data di nascita, passaporto o numero di identità digitale, nazionalità, indirizzo e dettagli di contatto, tutte informazioni che devono consentire al "verificatore" di abbinarle al titolare (come è attualmente con passaporti elettronici e carte d'imbarco). I controlli - concludono gli operatori del turismo - devono avvenire in più punti: prima di entrare nel terminale, al momento del check-in, al controllo di sicurezza, al controllo di frontiera, al gate di imbarco, e all'arrivo. I certificati dovrebbero essere disponibili in più formati (Pdf, e-mail, Sms o stampati su carta). Saranno importanti: la velocità dei controlli (leggibilità con un lettore con codici a barre) l'automazione nella verifica che l'emittente sia legittimo e accreditato, la possibilità di individuare le contraffazioni, l'interoperabilità tra gli Stati, la possibilità di verifica off-line (in caso di problemi di connessione). I controlli devono essere eseguiti senza la necessità di accedere al database dell'emittente o alla cartella clinica del titolare per motivi di sicurezza e privacy.

Idealmente, i certificati sanitari elettronici dovrebbero essere accettati e riconosciuti prima a livello europeo e poi a livello internazionale.
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