È davvero un gran peccato, che a causa della pandemia non si possa salire su un aereo, raggiungere Londra e gustarsi un pranzo o una cena fantastici nel più quotato ristorante della capitale inglese. Il nome "The Shed at Dulwich" (Il Capanno a Dulwich, a South London) non è pretenzioso: una scelta dettata dalla modestia del titolare, che malgrado la sua creatura sia risultata il miglior ristorante di Londra secondo le recensioni di Trip Advisor ha deciso che non fosse elegante, come dire, "tirarsela" solo perché nel cuore del Regno non esiste un posto in cui si mangi meglio.

Un ristorante a Londra (foto Ansa)
Un ristorante a Londra (foto Ansa)
Un ristorante a Londra (foto Ansa)

Già, perché in realtà in qualsiasi ristorante londinese si mangia meglio che allo "Shed", perché per quanto possa essere cattivo il cibo, lì almeno te lo servono. Nel decorato "Shed", invece, nemmeno si riesce a prenotare, e non perché c'è la coda (che c'è davvero, benché virtuale) di prenotazioni: non ci si può andare perché quel ristorante non è mai esistito. È invece un modesto capanno che fa da casa al proprietario. E, detto papale papale, fa anche abbastanza schifo. Però ha vinto, quel ristorante che non c'è in un capanno che è uno schifo, nel senso che Trip Advisor l'ha incoronato: in tutta Londra, sostiene il sito di recensioni, non esiste di meglio per andare a pranzo o a cena.

Un ristorante a Londra (foto Ansa)
Un ristorante a Londra (foto Ansa)
Un ristorante a Londra (foto Ansa)

Com'è potuto accadere? Nel modo più semplice: su quel sito - contrariamente a quanto avviene per altri, altrettanto conosciuti - si può lasciare una recensione su un ristorante, un ostello, un albergo, un bed and breakfast senza averci mai messo piede. Su Booking.com, o su Airbnb (giusto per fare due esempi), la recensione può essere accettata solo da chi ha prenotato, pagato e usufruito del servizio. Non su Trip Advisor, però, che è aperto a tutti compresi gli anonimi e le false identità. Insomma, chiunque si spaccia per chiunque e scrive "la qualunque", sapendo di restare impunito e aprendo il fianco alla recensioni false: magnifiche quelle orchestrate dai titolari, orribili quelle invece scritte dai titolari dei ristoranti che si trovano nella stessa zona. E c'è anche chi vende recensioni su Trip Advisor, facendosi pagare per scriverle e inserirle. Come denunciarlo pubblicamente? Se l'è chiesto Oobah Butler, che arrotondava lo stipendio proprio scrivendo per Trip Advisor su posti in cui non era mai stato. Per ogni post che pubblicava, incassava dieci sterline verosimilmente frutto dei pagamenti che i titolari dei ristoranti facevano ad alcune organizzazioni per avere eccellenti recensioni e scalare le classifiche di Trip Advisor. E intanto salivano nelle classifiche del sito di recensioni.

L'idea, a Butler, arriva proprio nel suo modesto capanno a Londra Sud: «E se m'invento qui un ristorante che non c'è e lo faccio schizzare nelle classifiche di Trip Advisor con recensioni false?». E poi decide di voler "vedere" il suo stesso gioco, iscrivendo il suo inesistente ristorante dentro casa (anzi, dentro capanno) a Trip Advisor. E tutto fila liscio, anche se c'è la via ma non il numero civico. Certo, ci vogliono anche le foto del locale e del cibo, ed eccovi serviti: manicaretti costituiti da schiuma da barba, spugne abbellite con un po' di pittura, pastiglie di detersivo per lavatrice. Insomma, roba da lavanda gastrica unita a preghiere per la sopravvivenza.

Butler arruola amici e conoscenti, e così piovono sul suo Capanno una gigantesca quantità di recensioni entusiastiche grazie alle quali piovono tantissime richieste di prenotazione (obbligatoria, dice l'annuncio su Trip Advisor) che il giornalista, non avendo un ristorante, non può ovviamente soddisfare: nemmeno una. La vetta nella classifica dei ristoranti di Londra (certo, secondo il sito di recensioni) non tarda ad arrivare, così il ristorante che non c'è diventa il migliore della metropoli.

Ma non si può continuare così a vita, anche perché Oobah Butler ha raggiunto il massimo dei successi possibile: dimostrare che quelle classifiche dei ristoranti non sono affatto attendibili, proprio perché si può postare una recensione senza esserci mai stati. Mancava solo informare qualcuno: lo stesso Trip Advisor. Ed è qui la parte più divertente della storia raccontata dal giornalista: è la risposta dell'organizzazione. «Generalmente», gli ha scritto uno dei responsabili, «le sole persone che creano profili falsi di ristoranti sono i giornalisti, per metterci alla prova». E come lo dimostrano? Per "logica": «Non esiste alcun incentivo nel mondo reale a creare un finto ristorante e inserirlo nel nostro sito. Quindi questo test non è un esempio che si riscontra nella vita di tutti i giorni».

Così confermando che ogni pasto come si deve si chiude con l'amaro.
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