Visioni. Macchie di luce e ombra in un cammino di dolore e consapevolezza. Strade infernali che portano alla rinascita, alla resurrezione.

La Via Crucis di Nicola Filia è una strada in salita, percorsa tutta in ginocchio, a pelle viva.

E ancora quelle ferite sono aperte quando, con voce davvero rotta, cerca di restituire al pubblico, quello che ha voluto dire con la sua terra, in modo così immediato, così forte, a tratti violento.

"È il risultato di una profonda ricerca" spiega con un filo di fiato, quasi imbarazzato da tutta quella gente che attende di sentire la voce di quel bel giovane, un po' schivo. Va avanti: "Ringrazio Dio - e blocca la frase per un attimo con un singhiozzo - di avermi dato la forza di fare ciò che faccio".

Nicola Filia ha solo 46 anni ma sembra uscito da un purgatorio durato secoli, che lo ha portato ad una crescita accelerata attraverso la sofferenza di quelle 14 stazioni necessarie alla rinascita.

Le ha vissute, metabolizzate, digerite e restituite, in argilla, a chi saprà guardarle, come un dono ricevuto da un'altra dimensione.

Nicola Filia con l’arcivescovo Roberto Carboni (foto Alessandra Raggio)
Nicola Filia con l’arcivescovo Roberto Carboni (foto Alessandra Raggio)
Nicola Filia con l’arcivescovo Roberto Carboni (foto Alessandra Raggio)

Il suo Cristo è ricerca di una forma, in un magma di argilla: un corpo che risorge spingendo tra i grumi di una materia pesante. Ma sempre bianco, illuminato e contrapposto alle figure più scure che lo circondano.

Luci e ombre, dualismo imprescindibile della ricerca spirituale attraverso il bene e il male.

"Le sculture di Nicola Filia non sono immagini definite e proprio per questo rappresentano ognuno di noi, nel momento che stiamo vivendo" commenta l'arcivescovo, Roberto Carboni, che ha accolto la mostra di Nicola Fila nella sala più bella del Museo Diocesano di Oristano, in un periodo santo: la Quaresima.

Un progetto messo in cantiere tanto tempo fa dalla direttrice Silvia Oppo, che da sempre tenta di declinare i temi della spiritualità con quelli dell'arte contemporanea, attraverso eccellenti interpretazioni dei più interessanti artisti sardi, e non solo.

Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)
Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)
Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)

"Questo è un lavoro davvero sentito e partecipato da tutti i nostri collaboratori - spiega Silvia Oppo - i commenti alle stazioni di questa splendida Via Crucis sono stati affidati a tutte le donne che lavorano ogni giorno nel sociale: hanno fatto un lavoro straordinario" Brevi frasi affidate a insegnanti, operatrici ospedaliere, donne della Caritas e volontarie accompagnano tutte le fasi della Passione di Cristo: dal Giudizio, alla Croce, le Cadute, il Sostegno, la Certezza il Coraggio, l'Umiliazione il Silenzio. Fino al trionfo della Resurrezione.

Parole è materia: la pesantezza della Croce e la leggerezza del pensiero, accompagnano il cammino di ogni Cristo. Concetti base, fondamenta di spiritualità e consapevolezza.

Nicola Filia è nato a Carbonia e oggi vive a Olbia. A metà di un sofferto percorso di studi letterari, che non gli ha mai calzato bene, ha deciso che quella non era la sua strada. Sentiva una forte spinta verso un linguaggio fatto di forme e la ceramica è da sempre il suo mezzo. Ha affinato la sua manualità all'Istituto d'Arte di Oristano diventando un esperto artigiano e un designer di talento.

Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)
Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)
Una stazione della Via Crucis i (foto Alessandra Raggio)

Ma la sua arte va oltre. Filia è uno scultore che usa l'argilla per comunicare il suo pensiero, per urlare la sua rabbia, per mostrare la sua sofferenza.

"Il gesto immediato e violento di Nicola Filia - spiega Antonello Carboni, curatore della mostra insieme a Silvia Oppo - canalizza la sua capacità tecnica per restituire l'espressione, la sensazione. Filia conferisce alla ceramica un'altra dignità, quella che solo un'artista può dare ad un materiale povero, come l'argilla".

Filia ha sempre sentito di avere dentro questa luce, questa carica creativa che lo porta a realizzare forme di grande impatto emotivo, come gli Alberi Bianchi, suo esordio al Man di Nuoro, Temporary City, al Ghetto di Cagliari, Megalopolis al Nuraghe Losa.

Ma questa via Crucis è diversa. "Sono stato chiamato a farla, per me stesso" spiega.

Solo in un secondo tempo ha deciso di regalarla a chi vorrà percorrerla, a chi desidera un cambiamento, una profonda esperienza spirituale come la sua.

È un cammino lento, fatto di paure, cadute, coraggio. Un cammino che aiuta ad abbandonare inutili zavorre e riporta al punto di partenza: per guardare tutto ciò che abbiamo, come se fosse la prima volta.

La Via Crucis di Nicola Filia, resterà al Museo Diocesano fino al 9 maggio prossimo.
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