Una volta, passeggiando tra le bancarelle del mercatino di Olbia, pestò inavvertitamente la zampa a un cagnolino che guaì per il dolore. Lui si chinò e gli chiese scusa, sinceramente dispiaciuto per la sua distrazione, poi carezzò teneramente quel cucciolo per lunghi minuti. Quel distinto e gentile signore era lo sceicco Ahmed Zaki Yamani, ministro arabo del petrolio e presidente dell'Opec (l'Organizzazione dei Paesi esportatori di greggio): in sintesi, uno degli uomini più potenti della terra. Ed era lì, in ginocchio, a tentare di spiegare a un animale il suo profondo dispiacere. Con una sensibilità che potrebbe anche far sorridere, ma era incisa nel suo Dna. Anche per questo la sua villa di Romazzino, Porto Cervo, era sempre adornata di fiori freschi a cui non veniva concesso il tempo di appassire. Diceva che la vita era più brutta senza il profumo dei fiori.

Yamani è morto il 23 febbraio a Londra, all'età di 90 anni, gli ultimi dei quali trascorsi in sofferenza su una sedia a rotelle. In Sardegna era arrivato a metà degli anni Settanta del secolo scorso. Qualche mese dopo la sua brutta avventura nelle mani del terrorista internazionale Ilich Ramirez Sanchez, più conosciuto come Carlos lo Sciacallo, che aveva sequestrato lui e altri esponenti del direttivo Opec a Vienna per poi rilasciarli qualche giorno più tardi.

Nel suo ruolo di presidente Opec, nel 1973, Yamani passò alla storia per aver quadruplicato il prezzo del petrolio arrestando di fatto la tumultuosa crescita dell'Italia (il boom economico), e del resto d'Europa, e determinando la politica di austerità culminata, nel nostro Paese, con il divieto della circolazione delle auto alla domenica e, per un periodo, consentire il traffico a targhe alterne (un giorno quelle che finivano con il numero pari, un giorno quelle con i numeri dispari). La drastica decisione venne presa contestualmente all'inizio della "guerra del Kippur", il 6 ottobre, con Egitto e Siria che attaccarono Israele (il conflitto si concluse un paio di settimane dopo con un cessate il fuoco bilaterale). L'embargo, tuttavia, toccò indistintamente tutti i Paesi filo-israeliani, a cominciare dagli Stati Uniti per finire con quelli europei. E incrementò, di molto, le disponibilità finanziarie dell'intera area del Golfo Persico.

Questo inciso era necessario per comprendere l'importanza della figura di Yamani in un momento storico particolare che ha segnato il futuro dell'umanità. La sostenibilità ambientale, l'ecologia, l'energia alternativa sono concetti e parole che iniziarono a circolare in quel tempo. Non a caso l'Italia pensò, proprio in questo frangente, alle centrali nucleari per non dipendere esclusivamente dal petrolio. Ma questi sono argomenti da trattare separatamente.

Lo sceicco Yamani, dunque, arrivò nell'Isola nel 1974. Su consiglio del principe Karim Aga Khan, creatore della Costa Smeralda, acquistò il terreno di Romazzino da Henry Ford II, nipote del fondatore della casa automobilistica. Tra progetto e realizzazione, Villa Seralia, questo il nome della residenza, passarono tre anni. E dal 1977, Yamani non mancò una sola volta all'appuntamento con la sua dimora. Studi alla New York University e ad Harvard dopo la laurea in Legge al Cairo, coltissimo, lo sceicco parlava fluentemente dieci lingue, dal cinese al coreano, dal russo al francese, con un solo neo: l'italiano. Sentirlo parlare la nostra lingua era come sentire Matteo Renzi parlare l'inglese. Yamani era molto religioso, pregava tutti i giorni sul suo tappetino insieme agli ospiti e al personale della villa di fede musulmana. Per chi professava un altro credo, metteva a disposizione auto e autista per accompagnarlo in chiesa all'ora della messa. Fosse la regina Fabiola del Belgio (sua amica e spesso ospite) o il giardiniere, per lui non faceva differenza: era una sua precisa disposizione. Il rispetto delle differenti opinioni lo dimostrava nella pratica quotidiana, ché le parole spesso creano finte sovrastrutture.

Ed era generoso Yamani, qualcuno a Olbia lo ricorda come "il più grande distributore di banconote da 20 mila lire". Ne teneva sempre un mazzo consistente per le sue passeggiate in centro o quando andava in aeroporto per accogliere qualche ospite: le donava a tutti come se fosse una stretta di mano, una sorta di saluto. Nella residenza, che negli anni è stata ampliata con l'acquisizione di altre due ville confinanti (una era Villa Lee, di proprietà di Giulio De Angelis uno degli ultimi ostaggi dei sequestratori sardi), ci lavorano dieci persone in pianta stabile e d'estate si arriva a cinquanta. "Non ha mai licenziato nessuno", racconta un manutentore gallurese: "Si affezionava alle persone". Infatti, a sentire quanti lo hanno conosciuto, era stimato e benvoluto. Durante i primi soggiorni sardi, lo avevano messo in guardia: per via delle sue ricchezze poteva finire nel mirino dell'Anonima. Yamani, che in ogni caso aveva un suo piccolo esercito di guardie del corpo (uomini provenienti dai servizi inglesi e addestratissimi), rispose che i pericoli per lui avrebbero potuto arrivare dal terrorismo internazionale e che il sequestro non rappresentava un problema.

Riservato, poco avvezzo alla mondanità dell'estate smeraldina, un giorno lo sceicco partecipò al concerto di Zucchero Fornaciari al Cala di Volpe. Il musicista insultò il pubblico seduto ai tavoli, lanciò loro degli agrumi e altri oggetti ottenendo il sorriso dei camerieri e l'indignazione di quanti avevano pagato qualche migliaio di euro per lo spettacolo. Yamani, non appena capì l'antifona, fece un cenno alle sue guardie, si alzò dal tavolo e andò via. Per non rimetterci più piede. Era questo Ahmed Zaki Yamani, uno che in Costa Smeralda era arrivato in punta di piedi. Era un vip, di quelli veri che non hanno a che vedere con i cafoni e i caciaroni del Billionaire. A un suo amico, guardando il mare da Villa Seralia, disse: "Ho girato il mondo, ho visto tutto quello che c'era da vedere ma questo luogo non ha eguali". Un po' come Fabrizio De André, che aveva scelto la Sardegna come suo eremo, lo sceicco Yamani mancherà insieme al profumo di fiori della sua dimora.
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