L'affascinante teoria che abbatteva convinzioni vecchie decenni sulla fine dei dinosauri è durata lo spazio di una settimana (più o meno). Il tempo di pubblicare su un'autorevole rivista scientifica che a causare l'estinzione dei rettili giganti fosse stata una cometa, non un asteroide, e subito un altro gruppo di ricercatori e scienziati ha replicato su un'altra pubblicazione internazionale che no, neanche a parlarne: la grande catastrofe avvenuta all'incirca 66 milioni di anni fa (millennio più, millennio meno) era stata provocata proprio da un asteroide, come si sostiene da decenni.

La battaglia tra gli esperti è fatta anche di teorie che diventano fervide certezze in chi studia le tracce terrene che raccontano della vita del nostro pianeta. Convinzioni all'origine di forti contrapposizioni con annunci, smentite e contro smentite che non di rado rischiano di confondere chi legge e studia il passato per capire il presente. Ultimo esempio, le opinioni alternative su cosa sia accaduto di tanto devastante da provocare in un colpo solo l'estinzione di quasi tre quarti delle specie animali e vegetali sulla Terra in quell'epoca. Ricostruzioni in realtà simili nel complesso che divergono però riguardo l'individuazione dell'agente "patogeno". Tesi più accreditata sinora è che un asteroide proveniente dalla fascia tra Marte e Giove avesse provocato il disastro; ipotesi più recente è che invece il colpevole fosse un pezzo di cometa proveniente da molto più lontano, la così detta nube di Oort ai confini del Sistema solare, frantumatasi a causa della enorme forza gravitazionale esercitata dal più grande dei pianeti: uno dei suoi pezzi sarebbe caduto sulla Terra cambiandone per sempre storia evolutiva e futuro. Quindi? Il presupposto è che le teorie siano valide sino a quando una prova certa le smentisca.

Una cometa in una simulazione al computer
Una cometa in una simulazione al computer
Una cometa in una simulazione al computer

L'ipotesi più accreditata è che ere geologiche fa (nel Cretaceo) un grosso asteroide del diametro di circa 15 chilometri caduto nel Golfo del Messico abbia devastato il pianeta provocando anche irreversibili cambiamenti ambientali e climatici costati la scomparsa di quasi tutte le specie viventi. Il cratere da impatto, del diametro di 200 chilometri, è stato individuato nei primi anni Novanta a Chicxulub, sotto la penisola dello Yucatán. Si scatenarono terremoti, tsunami, incendi. Il cielo si oscurò per anni. La teoria prese piede nel 1980 grazie alle analisi del fisico Luis Walter Alvarez su sedimenti marini risalenti a oltre 180 milioni di anni fa nell'Appennino umbro: si scoprì la presenza di uno strato di argilla scura spesso circa un centimetro con un'elevata concentrazione di iridio, un metallo raro sulla Terra e invece molto presente negli asteroidi e nei meteoriti. Nessuno aveva trovato prove che spiegassero meglio cosa fosse accaduto. Sino a poche settimane fa, quando due ricercatori di Harvard hanno indicato un killer diverso quale responsabile della catastrofe che aveva segnato la fine del dominio dei dinosauri e spalancato la strada all'evoluzione dei mammiferi.

In uno studio pubblicato su "Scientific Reports" gli astrofisici Avi Loeb e Amir Siraj sostengono che il colpevole sia una cometa proveniente dalla nube di Oort, spinta fuori orbita dal campo gravitazionale di Giove e spezzata in varie parti dalla forza del Sole. Alcune sue parti avrebbero attraversato l'orbita terrestre e una in particolare sarebbe caduta sul pianeta. Un fenomeno che gli studiosi sostengono avvenga ogni 250-730 milioni di anni: Giove spinge le comete verso il Sole la cui attrazione gravitazionale le frantuma. E a volte i pezzi di questi corpi celesti che di norma impiegano più di 200 anni a girare attorno alla nostra Stella finiscono sui pianeti. Secondo gli esperti questa tesi sarebbe confermata dalla presenza in molti crateri di "condrite carboniosa", una sostanza presente all'origine del Sistema solare contrariamente a quella che contengono gli asteroidi.

Tesi affascinante alla quale però (coincidenza particolare) ha ribattuto appena pochi giorni dopo uno studio pubblicato su Science Advances che ha puntato ancora una volta sulle tracce di iridio, definite "la prova che gli scienziati cercavano" per rendere indissolubile il legame tra estinzione dei dinosauri e asteroidi, ricchi di quel metallo quasi assente invece sulla Terra. La conferma definitiva che proprio quel rottame spaziale sia stato causa del disastro - secondo gli scienziati dell'università del Texas che hanno lavorato con la collaborazione di quella di Padova - sarebbero i suoi resti trovati in 350 punti sparsi lungo tutto il nostro pianeta, sopra e sotto i mari e sempre in strati databili attorno a 66 milioni di anni fa.

La traccia originaria è stata individuata nel cratere del meteorite al largo dello Yucatan, 600 metri sotto al fondale marino, dove gli scavi erano stati avviati nel 2016 per prelevare diversi campioni di roccia dal cratere sepolto nel fondo del mare; una seconda al largo del Messico; poi in ulteriori strati geologici del resto del mondo formatisi circa 66 milioni di anni fa. Dunque, un asteroide aveva fuso i fondali marini, provocato incendi, sollevato tsunami, oscurato i cieli, causato piogge acide, sollevato polvere, zolfo e anidride carbonica che avevano impedito il passaggio della luce solare, abbassato le temperature, estinto la gran parte delle specie viventi e vegetali. Il resto sarebbero chiacchiere, e anche l'ipotesi che una serie ininterrotta di enormi eruzioni vulcaniche verificatesi nello stesso periodo avesse contribuito in modo deciso alla catastrofe verrebbe a cadere davanti a una scoperta di questo tipo.

Almeno sino alla pubblicazione del prossimo studio e al ritrovamento di altre tracce che segnalino diverse cause di estinzione o ulteriori eventi devastanti per la vita della nostra povera Terra. Come quello preparato dai ricercatori dell'Università dell'Ohio secondo i quali i dati messi insieme nell'estate 2020 da un satellite della Nasa rivelerebbero che la catastrofe che ha cancellato i dinosauri sarebbe stata preceduta da un altro avvenimento distruttivo avvenuto addirittura 250 milioni di anni fa, quando un enorme asteroide tra il Giurassico e il Permiano aveva distrutto oltre il 90 per cento della vita terrestre. A dimostrarlo, la scoperta di un cratere di 450 chilometri di diametro sotto il ghiaccio in Antartide.

C'è ancora parecchio da scoprire, la vita umana abbraccia poche centinaia di migliaia di anni rispetto ai 5 miliardi della Terra: una frazione infinitesimale. Tante le catastrofi che si sono succedute in questo lungo lasso temporale, ormai rare. Gli eventi naturali sono inevitabili: si può solo sperare di non diventarne protagonisti.
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