Immaginate la California, il terzo stato più grande degli Usa. La Sierra Nevada, il deserto del Mojave, la Valle della Morte e il lago salato del Salton Sea: 424 mila chilometri quadrati, tra Los Angeles, San Francisco, San Diego e Sacramento. Ora immaginate che quella fetta enorme di pianeta sia totalmente ricoperta dagli alberi e che un attimo dopo quel verde sia stato cancellato. Non è un'allucinazione o un incubo notturno, perché tutto questo è successo davvero: in 13 anni un'area di foreste persino più grande della California è stata eliminata dall'uomo. Il nuovo studio planetario del Wwf mostra con la potenza di uno schiaffo la mappa precisa del disastro provocato dalle attività economiche più aggressive tra un continente e l'altro. Le cause principali del disastro sono almeno 24 ma a far venire i brividi è il risultato: l'estensione di alberi (che fino a 8 mila anni fa ricopriva circa la metà della Terra) si è ridotta al 30 per cento. Cioè, detto al contrario, il 70 per cento del verde è già sparito. "Le foreste sono la linfa vitale delle nostre economie e della nostra salute, dall'aria che respiriamo al legno che usiamo - dice Marco Lambertini, direttore generale di Wwf International - I boschi coprono quasi un terzo della superficie terrestre, ospitano più della metà delle specie e sono la fonte del 75% dell'acqua dolce. Sono ecosistemi a grande assorbimento di carbonio e solo le foreste tropicali accumulano sette volte più carbonio di quello l'umanità emette ogni anno".

Incendi (foto Pixabay a uso libero)
Incendi (foto Pixabay a uso libero)
Incendi (foto Pixabay a uso libero)

L'attacco al patrimonio naturale si concentra più o meno su 24 fronti. Una guerra davvero senza confini: dall'America Latina all'Africa subsahariana, dal Sud-est asiatico fino all'Oceania. La mappa che mostra già chiaramente gli effetti dell'aggressione contro gli alberi è estesa 710 milioni di ettari, che per il 50 per cento erano occupati da foreste primarie o ancora intatte. "Oltre il 10% della superficie inclusa nei fronti di deforestazione, circa 43 milioni di ettari, è andata persa tra il 2004 e il 2017 - spiega il Wwf nel suo ultimo studio - Quasi la metà della foresta esistente ha subito qualche tipo di frammentazione. Le aree frammentate, tra l'altro, sono più inclini agli incendi e sono più suscettibili all'intervento umano, per effetto di quella che poi diventa una più semplice accessibilità". L'agricoltura costretta a soddisfare una domanda di mercato sempre crescente rimane la prima causa di deforestazione: in America Latina e in Asia, dove si estendono le coltivazioni arboree, e anche in Africa, dove sono prevalentemente i piccoli coltivatori a far sentire la loro pressione sugli equilibri naturali. Le attività sotto accusa sono tante: prima di tutto l'estrazione del legname ma anche la costruzione di nuove reti stradali, progettate principalmente per consentire l'esportazione e la commercializzazione dei prodotti. Nella black List del Wwf, poi, si aggiungono le operazioni minerarie e l'estensione rapida degli insediamenti umani, dove il cemento diventa nemico numero uno degli ecosistemi. "La cattiva gestione del tesoro verde sta aumentando le emissioni di carbonio, devastando la biodiversità, distruggendo sistemi vitali, e danneggiando i mezzi di sussistenza - aggiunge il direttore generale di Wwf - La deforestazione e il degrado forestale sono i principali motori delle malattie zoonotiche. Quando sono sane, infatti, le foreste sono uno scudo contro malattie come il Covid-19. Ma quando sono sotto attacco le loro protezioni sono indebolite ed il risultato è una maggiore diffusione di malattie che mettono a rischio le nostre esistenze".

Alberi (foto Pixabay a uso libero)
Alberi (foto Pixabay a uso libero)
Alberi (foto Pixabay a uso libero)

L'emergenza è globale, ma dalle case di ognuno è possibile fare qualcosa per ridurre la devastazione. E per questo il Wwf ha stilato anche il vademecum di quella che può essere la resistenza collettiva all'allarmante cancellazione delle foreste: la riduzione dei consumi di carne e di prodotti che contengono una serie di materie prime incriminate, dalla soia all'olio di palma. La risposta, suggerisce l'associazione internazionale, dovrebbe essere quella di scegliere prodotti alimentari che indicano nell'etichetta quella che viene definita una "provenienza estranea alla deforestazione". Il resto lo possono fare i governi. Prima di tutto con le pluri-sbandierate politiche internazionali a favore delle popolazioni sottosviluppate, per consentire loro di inseguire il diritto al progresso senza la necessità di dare l'assalto alle risorse naturali. In più, chiede Wwf, è urgente che i governi dei Paesi importatori impediscano l'arrivo di materie prime, semilavorati e prodotti finiti legati alla deforestazione. E con la campagna #Together4Forests più di un milione di persone in Europa hanno già chiesto una nuova legge europea per tenere alla larga i prodotti incompatibili con il rispetto del grande polmone verde mondiale.
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