Quando sono arrivati su una barella in gravi condizioni non lo avrebbero mai immaginato. Mai avrebbero pensato che anche grazie al tiro con l'arco sarebbero riusciti a riprendere in mano la propria vita. Ma al Santa Maria Bambina di Donigala, alle porte di Oristano, succede anche questo. In un centro di eccellenza nel campo della riabilitazione, succede che oltre a macchinari ultrasofisticati e tecnologici e personale qualificato, anche lo sport diventi una terapia. Un sistema semplice per riabilitarsi e riacquistare capacità motorie e funzionalità perdute, acquisire di nuovo fiducia in sé stessi e negli altri.

L’istituto Santa Maria Bambina (foto Valeria Pinna)
L’istituto Santa Maria Bambina (foto Valeria Pinna)
L’istituto Santa Maria Bambina (foto Valeria Pinna)

La sfida Lo sport come cura e riabilitazione è stata la nuova scommessa dell'Istituto di Donigala che da circa due anni, grazie a un accordo con il Centro italiano paralimpico, ha inserito alcune attività sportive nell'elenco delle complesse prestazioni che vengono offerte. Il Santa Maria Bambina aveva ottenuto il via libera dalla Regione dopo un lungo iter burocratico. "Siamo l'unica struttura privata in Sardegna ad aver avuto l'autorizzazione per un biennio - spiega il direttore sanitario Tomas Dore - adesso abbiamo già avviato la procedura per ottenere un'ulteriore proroga fino al 2024. E ci auguriamo vada tutto in porto". Visti i risultati raggiunti in due anni, nonostante le recenti difficoltà della pandemia, quel nulla osta dovrebbe essere solo una formalità. Già, perché basta fare pochi passi all'interno dell'Istituto per toccare con mano l'altissima professionalità nella riabilitazione dei pazienti reduci da ictus o in quelli che hanno perso le funzionalità a causa di incidenti stradali o per i più svariati motivi.

Un paziente si esercita nel tiro con l’arco (foto Santa Maria Bambina)
Un paziente si esercita nel tiro con l’arco (foto Santa Maria Bambina)
Un paziente si esercita nel tiro con l’arco (foto Santa Maria Bambina)

Il progetto Identica professionalità viene messa in campo negli sport: dal tiro con l'arco al tennistavolo. "In realtà avevamo ottenuto l'autorizzazione anche per la scherma, le bocce e il biliardino - sottolinea il direttore sanitario - ma a causa delle restrizioni dovute all'emergenza sanitaria abbiamo avuto qualche difficoltà a organizzare tutte queste attività negli spazi chiusi". Con il tiro con l'arco e il tennistavolo invece è stato più semplice e circa trenta "pazienti-atleti" sono riusciti a conquistare il gradino più alto del podio riappropriandosi di una serie di capacità che temevano di aver perso per sempre. "Il progetto serve proprio come ripristino delle autonomie e rientra nel processo di umanizzazione delle cure e dei programmi riabilitativi - aggiunge Tomas Dore - lo sport rappresenta un modo efficace per superare i propri limiti. Stiamo cercando di dare ai nostri pazienti opportunità diverse". E la bellezza dell'iniziativa è che "i pazienti sono felici mentre praticano queste attività". La conferma che lo sport può essere un ottimo alleato per migliorare lo stato psicologico di persone che si ritrovano a fare i conti con menomazioni fisiche. Inoltre gli esercizi fisici connaturati alle discipline vengono monitorati costantemente grazie a sofisticatissime apparecchiature che sono in grado di rilevare i progressi. I dati vengono poi letti coralmente da medici, psicologi, pedagogisti arteterapisti, logopedisti, terapisti che, nel nome della interprofessionalità, danno una valutazione sui risultati raggiunti.

Le attività Gli allenamenti si svolgono all'interno di un laboratorio sportivo realizzato in una delle "cumbessia", le casette dell'antico novenario che sorgono intorno al Santuario della Madonna del Rimedio, a pochi passi dal centro di riabilitazione. In quegli spazi i tecnici federali seguono passo passo i pazienti, spiegando i segreti della disciplina ma soprattutto dando un importante contributo nella riabilitazione di persone affette da gravi disabilità che, seguite da una équipe plurispecialistica, lottano con tutte le forze per riprendersi in vista del reinserimento sociale. "Abbiamo avuto tre atleti che, una volta usciti dal Santa Maria Bambina, hanno continuato a praticare la disciplina sportiva nelle società del loro territorio - precisa Tomas Dore - e per noi è un grandissimo risultato".

L'istituto Il Centro, fondato oltre cinquant'anni fa, è una struttura all'avanguardia nel campo della riabilitazione con macchinari altamente specialistici (come l'Hunova, il primo robot riabilitativo con applicazioni nell'ambito ortopedico, geriatrico, neurologico e sportivo e il guanto robotico, ultimo arrivato per la riabilitazione della mano). Da un anno e mezzo ha ottenuto anche il riconoscimento formale per la "Casa dei risvegli", che garantisce l'assistenza alle persone in stato vegetativo e di minima coscienza. Un progetto sperimentale che è già stato rinnovato e ci si augura possa diventare definitivo perché garantisce un percorso per quei pazienti gravi che, dimessi dai reparti di Rianimazione o Neuroriabilitazione, hanno un quadro clinico stabilizzato ma sono sempre in coma. E l'assistenza del Santa Maria Bambina si inserisce in una fase intermedia fra quella ospedaliera intensiva e quella della cronicità.
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