Quel che il Covid vieta, lei lo consente. Tecnologia, benedetta sia di questi tempi: arma vincente, più di tante altre nei mesi di pandemia, sia come supporto nelle giornate di clausura forzata che come incentivo a coltivare le nostre passioni, a tenerci su per andare avanti, senza che le abitudini del passato vengano completamente stravolte. Un ritorno al futuro di cui tanto si ha bisogno, reso possibile con una semplice invenzione, che si chiama App, e come fosse un passaporto dà a chiunque la possieda la libertà di muoversi e viaggiare, anche nei posti off limits per il virus e che ora, forse anche più di prima, abbiamo il tempo di scoprire. Si resta dentro casa ma si respira l'aria di un museo o di un monumento senza andarci, semplicemente con uno smartphone o un tablet in mano. Meraviglia delle meraviglie c'è tutto un mondo da esplorare, annusare nei dettagli, attraverso una visita interattiva che ci consente di curiosare in ogni angolo. Una sfida che solo la tecnologia può lanciare, a portata di tutti: non certo una novità, seppure lo sia per la stragrande maggioranza, ma nuove sono le idee. Come l'ultima lanciata in Sardegna da due studenti dei corsi professionali gratuiti dell'agenzia Formatica e che ha già ricevuto un grande apprezzamento, come è possibile constatare sul sito del Camù (Consorzio centri d'arte e musei di Cagliari) dove è disponibile e si può scaricare l'applicazione (al momento solo per il sistema Android) realizzata da Marco Ruffi e Andrea Zago per far conoscere ai più piccoli - ma non solo - la storia del Ghetto di Cagliari.

Marco Ruffi (foto archivio L'Unione Sarda)
Marco Ruffi (foto archivio L'Unione Sarda)
Marco Ruffi (foto archivio L'Unione Sarda)

Sì proprio così: è il momento ideale, anche per chi è impegnato a scuola o con le lezioni a distanza, per conoscere l'arte, la cultura e le tradizioni dell'Isola, i monumenti del suo capoluoghi, di cui spesso si conosce solo il nome e nient'altro. L'occasione, servita sul piatto del web, consente a tutti, bambini e adulti di andare alla scoperta dei tesori di epoca spagnola e sabauda del centro cagliaritano assieme a Carlo, militare del corpo dei Dragoni di Sardegna. Con lui è possibile conoscere la storia del Bastione di Santa Croce, uno dei baluardi che cinquecento anni fa difendevano la città, la grande terrazza panoramica sui quartieri storici della città, infine accedere al sottosuolo passando negli spazi ricavati tra le massicce mura del baluardo, nella sala cannoniera, attraverso la porta di soccorso, le segrete e scoprendo il pozzo del vento. A tutto questo si uniscono dei giochi didattici che fungono da verifica sulle conoscenze acquisite. Provare per crederci:tutte le informazioni sono sul sito Camù. L'attenzione si concentra sul Ghetto degli ebrei che sorge sul bastione di Santa Croce, tra la via omonima e Cammino Nuovo, a picco sulle mura di Castello. "Ci è stato proposto dallo stesso Camù", ricorda Marco Ruffi, 30 anni, «abbiamo avuto delle difficoltà iniziali nello strutturare l'applicazione, in quanto è stata una cosa che si è evoluta mentre la sviluppavamo. Abbiamo studiato le informazioni storiche ed è stato bello scoprire alcuni tabù, come per esempio il fatto che lì gli ebrei non abbiano mai vissuto». Giusto, proprio così: un ghetto ebraico a Cagliari non è mai esistito perché gli ebrei vennero cacciati dalla città, come da ogni possedimento spagnolo nel 1492, l'anno della scoperta dell'America e che pose termine alla storia della piccola comunità ebraica cagliaritana. "Camù ci ha fatto conoscere uno dei loro progetti - racconta Andrea Zago, 32 anni - ovvero realizzare dei quaderni didattici per accompagnare la visita dei ragazzi più giovani. Per questo noi abbiamo deciso di utilizzare parte delle conoscenze acquisite durante un corso per digitalizzare questa esperienza. Ne è nata un'applicazione con la stessa finalità, con un tour virtuale del Ghetto accompagnato da semplici giochi".

I due giovani archimedi, uno di Cagliari e l'altro di Muravera, sono giunti al traguardo alla fine del percorso "Il Gaming per il turismo culturale", legato al progetto formativo "AgrITour - Innovative Training in Agrifood, ICT and Tourism", operazione finanziata dalla Regione sarda e cofinanziata al 50 per cento con risorse europee del Fse. Il lavoro è iniziato durante uno stage ed è stato poi affinato e concluso con il rilascio definitivo dell'App.

Non è un caso che a guidare la visita sia un certo Carlo, militare dei dragoni in Sardegna, reparto ospitato nell'edificio di via Santa Croce costruito nel 1738 per essere adibito a caserma militare, nota come Caserma San Carlo, con scuderie dei carabinieri, magazzini del Genio, Intendenza militare. Alla fine dell'800, cessato l'uso militare, fu ceduta a privati e trasformata in piccole abitazioni. L'errata denominazione di Ghetto degli ebrei deriva dal fatto che, poco più avanti, esisteva il quartiere dove la comunità ebraica abitava, nella zona delimitata tra la via Santa Croce e la via Stretta. La presenza dei giudei a Cagliari durò infatti fino al 1492, anno di promulgazione dell'editto con il quale i reali di Castiglia e Aragona (allora la Sardegna faceva parte di quel regno) avevano scacciato gli ebrei da tutti i loro territori. Ascoltandone solo la storia si viene facilmente rapiti, figuriamoci se il racconto grazie all'app prende vita trasportando dentro le sale i visitatori che vogliano farsi accompagnare da Carlo nella visita virtuale. Un modo per conoscere il passato e far crescere i bambini con più consapevolezza nella loro città, ricca di tante cose ancora da scoprire, perfino da chi ci abita.
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