Un angolo della città, un muro, una vetrata, un monumento, una strada. Nulla sfugge agli occhi dei retakers l'onda lunghissima cavalcata dai cittadini che si prendono cura dei luoghi dove vivono, ripulendoli e valorizzandoli come fosse casa loro. Anzi è casa loro, Roma, Milano, New York. Perché è arrivato dappertutto e, anche laddove non esiste ancora un movimento, c'è sempre qualche neofita che ne imita le gesta, mettendo alla prova il proprio senso civico nella sua città. Come Cagliari, dove c'è uno che si dà da fare e se non arriva il Comune è lui che prende l'iniziativa, sentendosi investito della responsabilità di essere cittadino. "Mi piacerebbe che nascesse stabilmente Retake Cagliari", è il sogno di Andrea Formaini, odontotecnico di 56 anni, il retaker sardo, anche se nato a Milano. "Ormai Cagliari è la mia città e, nel tempo libero che riesco a ritagliarmi me ne prendo cura, ripulendo i suoi spazi degradati e cercando di restituirle un po' più di decoro". Qualche anno fa alcuni volontari si erano armati di spazzole, stracci e guanti per ripulire i muri di piazza Repubblica da tag e scritte che poco avevano a che fare con i graffiti veri e artistici. La voce gira, comincia a spargersi, amplificata dai social. Ma un vero e proprio movimento non esiste ancora a Cagliari.

Il retaker cagliaritano. Va' dove ti porta il cuore, verrebbe da dirgli, vedendo come agisce e quel che fa con tanto sentimento. Andrea Formaini va dove lo porta il suo senso civico che ogni volta tira fuori, quando è il caso di intervenire, anziché aspettare che siano altri a farlo. A guidarlo, in particolare, è l'amore per le bellezze di Castello, il quartiere dove vive, teatro delle sue incursioni cittadine, tra discariche a cielo aperto, sacchi di immondezza ai piedi dei monumenti e sudiciume vario. "Ci vuole tempo per potersi dedicare alla cura del bene pubblico", racconta sotto il portico Lamarmora, suo ultimo capolavoro da ripulitore seriale quale è. Le pareti imbrattate sono ormai un ricordo, con un colpo di pennello scritte e graffiti sono rimasti sepolti sotto tinte ecologiche preparate con le sue mani, utilizzando polvere di tufo miscelata con acqua, tutto naturale nel rispetto dei muri esistenti. "Era sporco, ora è splendente ma forse nessuno se n'è accorto", dice soddisfatto, senza perdere la speranza che prima o poi qualcuno segua il suo esempio. Per lui "è il mio modo personale per contrastare il degrado nel quartiere". Perché avrebbe dovuto aspettare, chissà ancora per quanto tempo, che qualcuno dal Comune portasse via dalla Torre dell'Elefante quei sacchi di rifiuti accumulati ai suoi piedi? Ci ha pensato lui: il retaker è entrato in azione, sporcandosi le mani nel ponteggio che ingabbiava la torre. "Alla fine avevo il mio garage pieno di spazzatura, finché gli uffici di Igiene non hanno raccolto il mio sos per ritirarli, avendo capito che il mio era un gesto di collaborazione nei confronti del Comune: sì proprio così, non è voglia di mettersi in mostra ma di partecipare assieme alle istituzioni a un lavoro per il bene comune, ossia nell'interesse di tutti i cittadini". Che dovrebbero cominciare a pensare che l'amministrazione sono loro, "Cagliari sono io", "Roma sono io", "Milano sono io", è il grido che anima il movimento dei Retake che interviene su tanti beni comuni, nelle spiagge, nei quartieri, nelle strade.

Il fenomeno. A Roma la rivoluzione è partita dieci anni fa e ora è un gruppone di cittadini a prendersi costantemente cura dei beni della capitale. Il punto di forza dell'organizzazione è la stretta collaborazione con le istituzioni, nella convinzione che in questo modo, tramite l'applicazione di protocolli firmati col Comune, sia più facile risolvere i problemi. In questi anni Retake Roma non si è fermata solo alla pulizia della città ma ha puntato anche su progetti culturali e corsi di educazione civica nelle scuole. Un percorso che si è evoluto nel tempo, sensibilizzando non solo il cittadino a intervenire ma gli stessi autori del degrado che pian piano vengono contagiati dal nuovo messaggio di massa. Il movimento, organizzazione di volontariato no profit, laica e apartitica, nasce dalla volontà di alcuni cittadini di lottare contro la rovina del luogo dove vivono, per renderlo più bello, pulito e accogliente. Il concetto è elementare: da una parte l'obiettivo è salvare dal degrado i beni pubblici e gli spazi cittadini, dall'altra sensibilizzare quante più persone al rispetto del territorio. L'idea era venuta anni fa a Rebecca Spitzmiller, fondatrice di Retake Roma, città dove sono attivi più di settanta gruppi impegnati sul campo a ripulire il posto dove vivono, persone che nella vita fanno tutt'altro ma che hanno scelto di ritagliare una fetta del loro tempo per la loro mission. Oggi conta oltre 15mila volontari. Ma chi è Rebecca? È una ricercatrice dell'Università Roma Tre. E' nata una sessantina di anni fa negli Stati Uniti dove si è laureata in arte e poi in giurisprudenza. È stata insignita di un titolo che le fa molto onore, quello di ufficiale dell'ordine al merito della Repubblica italiana, conferitole dal presidente Sergio Mattarella "per il suo coinvolgente impegno nella lotta contro il degrado urbano e nella difesa dei beni comuni". Nel 2009, stanca delle scritte e tag che imbrattavano la zona in cui vive, ha cominciato a pulire le strade con alcuni solventi. In pochi mesi centinaia di cittadini si sono uniti a lei e, nell'ottobre 2014, ha fondato Retake Roma. Rebecca ha dato l'esempio e in tanti l'hanno seguita per strada, di quartiere in quartiere, di città in città. Una rivoluzione culturale che pian piano sta cambiando le menti. Un'idea che la fondatrice ha importato dalle iniziative di Keep American Beautiful, un'associazione americana nata nel 1953 e che ancora oggi fa campagne forti, divertenti e positive per esortare ognuno a fare la sua parte per mantenere belle le città. Un nuovo modo di vivere da cittadini, riprodotto in diverse parti d'Italia. I retakers non s'arrendono e, con tenacia e olio di gomito, arrivano anche là dove altri non avevano mai osato.
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