Non potranno festeggiare i quarant'anni di attività come avrebbero voluto, ovvero sul palco a suonare. La faranno sicuramente quando l'emergenza Covid verrà meno. E pensare che nel 1980 di questi tempi nella Rokkoteca Brighton di Settignano (una frazione di Firenze) i Litfiba si esibirono per la prima volta dal vivo. In pochi quel giorno, era il 6 dicembre, avrebbero scommesso che quella band sarebbe stata capace di riscrivere la storia del rock italiano. Di quel concerto c'è anche una registrazione, un documento raro: una pietra miliare della scena indipendente italiana che in quegli anni vide fiorire un miriade di gruppi toscani come Moda e Diaframma. Dopo l'ondata bolognese segnata dai Gaznevada e dal rock demenziale degli Skiantos arrivò quella che qualcuno ribattezzò new wave mediterranea. Di sicuro nel mondo musicale italiano fecero irruzione nuovi suoni destinati a lasciare un segno nel tempo. Nel 1984 esce il primo disco della band, un album live registrato a Berlino. Un anno dopo la Ira Records, etichetta storica della scena indie tricolore, pubblica "Desaparecido". Nella note di copertina il giornalista Federico Guglielmi scrive: "Molti sono da tempo abituati a reputare la nuova musica italiana come un fenomeno derivato, come un'imitazione sterile ed improduttiva di schemi sonori nati e sviluppatisi all'estero. I Litfiba sono qui per dimostrare come anche in Italia esistano realtà moderne, in grado di sposare l'innato gusto mediterraneo per la melodia, con la potenza espressiva di certo rock elegante e raffinato. Cosmopoliti ed affascinanti, i Litfiba affermano prepotentemente la propria unicità, spazzando via ingiusti pregiudizi; se un giorno prenderà piede una nuova musica italiana per il mondo questo album dovrà inevitabilmente esserne considerato l'imprescindibile punto d'avvio". In tanti mugugnarono e ridacchiarono per quelle parole ma il tempo ha dato ragione a chi le ha scritte e soprattutto ai Litfiba, che già a partire dai primi anni Ottanta erano una delle pochissime band italiane che suonavano con continuità all'estero riscuotendo ottimi riscontri. In quegli anni suonarono spesso in Sardegna. Una volta anche al palazzetto dello sport di via Rockfeller, impianto che secondo Ghigo Renzulli (il chitarrista della band) "detiene il primato di peggior acustica italiana". Durante quel tour i Litfiba fecero tappa pure a Carbonia dove ci fu un litigio con gli organizzatori locali a causa del danneggiamento di un microfono. Erano gli anni in cui la band era seguita da uno zoccolo duro di fan. Giusto poche migliaia di fedelissimi di un esercito destinato a crescere a dismisura subito dopo la pubblicazione di 17 Re, album capolavoro uscito sempre per la Ira Records e pubblicato nel 1987, secondo capitolo di quella che viene chiamata la trilogia del potere, chiusa con il terzo disco, ovvero Litfiba 3 del 1988.

La copertina del libro di Ghigo Renzulli
La copertina del libro di Ghigo Renzulli
La copertina del libro di Ghigo Renzulli

Due anni dopo, con l'uscita di El Diablo inizia un'altra storia. Il disco vende quasi mezzo milione di copie e la band irrompe nelle classifiche. I fan della prima ora restano spiazzati. C'è chi parla di svolta commerciale, come accade tutte volte che una formazione della scena indie firma con una major e raggiunge il grande successo. Di sicuro c'è una svolta nel suono. Le chitarre prendono il sopravvento, si moltiplicano i passaggi televisivi e radiofonici. La band esplode. In seguito pubblica tanti album e domina la scena rock italiana per tutti gli anni Novanta. La formazione cambia spesso. Dopo la morte del batterista Ringo De Palma la band perde anche il tastierista Antonio Aiazzi e il bassista Gianni Maroccolo. Del gruppo originario restano Ghigo Renzulli e Pierò Pelu. Il chitarrista ha recentemente pubblicato un libro intitolato "40 anni di Litfiba". Racconta la storia della band, le origini, la carriera e le ragioni degli scioglimento dopo l'uscita del disco "Infinito" (l'album più venduto della formazione toscana). Racconta nei minimi particolari anche il concerto del 6 dicembre 1980 nella Rokkoteca di Settignano. "Quella sera - ricorda il musicista di origine campana ma toscano d'adozione - il locale era stracolmo di gente. Tutti attaccati uno all'altro. Mentre suonavamo faccia a faccia con il pubblico, chiunque avrebbe potuto mettere le mani sulla mia chitarra. Era una gigantesca bolgia satanica che ci fece fare un gigantesco bagno di sudore, ma che ci dette anche un'estrema soddisfazione. La band si era sverginata e lo aveva fatto alla grande".
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