Svolgono una funzione spesso essenziale per il buon funzionamento degli uffici giudiziari, vista la cronica carenza di personale, ma di frequente ricoprono incarichi non previsti: vengono chiamati per "acquisire competenze e conoscenze specifiche che possono agevolarne e supportarne le scelte professionali", oltre che "favorirne l'ingresso o reingresso nel mercato del lavoro", e invece la gran parte delle volte piuttosto che operare a fianco a un tutor che insegni loro il mestiere si occupano di compiti tipici degli impiegati. Nonostante la categoria alla quale appartengono dica altro: sono tirocinanti, giovani che in attesa (e nella speranza) di un'occupazione hanno necessità di imparare, essere istruiti e introdotti in un mondo che, magari, a percorso concluso potrebbe diventare loro.

Nell'ultimo anno nei Tribunali della Sardegna le cose sono andate diversamente. Dal 2019, era luglio, sono stati coperti oltre cento posti nelle varie sedi giudiziarie dell'Isola destinati a giovani laureati in materie giuridiche ed economiche: 48 a Cagliari e 53 nel resto dell'Isola. I ragazzi dovevano essere formati ma hanno dovuto apprendere il funzionamento del meccanismo molto in fretta (svolgendo compiti non di rado ben diversi dal previsto), sono stati remunerati ben poco per le attività svolte e poi, pur cresciuti, sono stati messi alla porta. Chiuso il programma, sono tornati a casa con poco in mano. Comunque "senza titoli spendibili", dicono delusi. Poche settimane fa hanno chiuso l'armadietto e salutato il Palazzo di giustizia: formazione terminata. Uno "spreco di risorse da parte del ministero della Giustizia", sostengono.

Problema di vecchia data. Nell'inaugurazione dell'ultimo anno giudiziario era stato spiegato che "tanti dipendenti sono andati via appena possibile con la legge sulla quota 100", così "gli uffici sono stati lasciati in gravissime difficoltà non più superabili neppure ricorrendo all'istituto delle applicazioni". Vuoti di organico che rendono difficile smaltire gli arretrati e tenere la produttività sulla linea di galleggiamento. Nel frattempo i tirocinanti, laureati in materie giuridiche, sgobbavano alla ricerca di uno spazio e si rivelavano indispensabili alla luce dei posti scoperti. A Cagliari in Corte d'appello, al Commissario per gli usi civici, in Tribunale e nel Tribunale dei minorenni; una quindicina a Nuoro tra giudice di sorveglianza, giudice di pace, Tribunale e Procura; una ventina a Sassari, altrettanti tra Lanusei, Tempio, Oristano, al giudice di pace a La Maddalena più tutti quelli distribuiti nelle cinque Procure sarde.

L'impegno, come da convenzione stipulata tra la Corte d'appello e l'Aspal, l'Agenzia sarda per le politiche attive sul lavoro, prevedeva 30 ore settimanali per sei mesi prorogabili una volta per altri sei. Un percorso utile, nelle intenzioni, a imparare assieme a un tutor il mestiere nelle cancellerie e ad "acquisire" quelle "competenze e conoscenze specifiche" utili a inserirsi nel mondo del lavoro. La paga: 450 euro mensili forfettari senza contributi che però "non arrivavano puntuali" e "spesso dovevano essere sollecitati", hanno specificato i tirocinanti. Oltre al fatto che "a malapena coprivano i costi dei mezzi di trasporto". Ma quel che è peggio è che, anziché affiancare il personale e scoprire i segreti del mestiere, e nonostante il loro numero non potesse superare il 20 per cento complessivo del personale in servizio, i ragazzi alla prova dei fatti arrivavano a svolgere un ruolo in realtà "spettante agli impiegati". Un compito assunto "in autonomia, dopo un brevissimo periodo di formazione", proprio a causa della carenza di personale accentuata dai pensionamenti seguiti all'introduzione della quota 100. Eppure nonostante l'inesperienza, la necessità di far fronte a carichi non previsti e non spettanti e l'essersi trovati a volte soli, "i servizi sono stati più celeri ed efficienti". Ora però è stato mandato tutto in archivio nonostante gli ulteriori sacrifici patiti durante la chiusura totale dovuta alla pandemia, quando i progetti erano stati bloccati ma i ragazzi non avevano comunque potuto svolgere altre attività lavorative perché il requisito essenziale per accedere al tirocinio era essere disoccupati al momento dell'avvio del progetto e per tutta la sua durata. "I tirocini non sono altro che un modo per tappare i buchi dell'organico".

Infatti terminato l'ultimo periodo sono stati mandati tutti a casa. Prospettive, all'apparenza, zero. "Il ministero della Giustizia investe nella formazione inutilmente e con uno spreco di risorse", denunciano i giovani, "dal momento che torniamo a casa senza alcun titolo spendibile: lo Stato nel bandire i concorsi pubblici per i posti nei Tribunali non riconosce punteggi ulteriori a chi ha svolto proficuamente i tirocini nelle cancellerie e, per assurdo, assegna maggiori punteggi a chi ha svolto lo stage di affiancamento ai magistrati. Un'esperienza altamente formativa ma che non riguarda il funzionamento degli uffici".

La fine del progetto ha creato ulteriori buchi negli uffici e disagi nel lavoro quotidiano e al danno si è aggiunta la beffa. "Di recente è stato pubblicato un bando per la selezione di mille operatori giudiziari, ma ancora una volta il Ministero ha chiesto quale requisito essenziale per la presentazione della domanda l'aver svolto proficuamente un anno di tirocinio negli uffici giudiziari escludendo tutti quelli che a causa del Covid non hanno potuto concludere il progetto nella data dovuta". Ci sarebbe una soluzione, a loro dire: "A fronte di situazioni critiche le pubbliche amministrazioni per implementare il personale possono usare strumenti differenti dai bandi pubblici. La competenza è del ministero di Giustizia, ma altre Regioni hanno affrontato il problema effettuando assunzioni a tempo pieno e indeterminato per potenziare i servizi dei Tribunali", casi certamente particolari e "legati a condizioni riconducibili a fattori economici e sociali". Ma perché non provarci?, si chiedono i ragazzi, che dopo un anno di lavoro vero si sentono "amareggiati e profondamente sconfortati, oltre che delusi, da una pubblica amministrazione che chiede tanto impegno, finge di credere in loro e poi li ributta per strada per poi reclutare una nuova generazione di burattini da sfruttare".
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