C'è una notizia che è stata fraintesa: l'80 per cento dei pazienti che finiscono in ospedale per curare il Covid hanno una grave carenza di vitamina D. Ma la verità non si deduce dal leggere al contrario questo dato: non basta, detto in altri termini, fare una cura di vitamine per prevenire il contagio o per evitare la polmonite più grave. Eppure, in tanti ci hanno creduto. E a dimostrarlo, oltre alla sfilza di post e fake news rovesciate sul fiume in piena dei social, ci sono i dati sulle vendite. Di più: a confermare che molti italiani ci sono cascati c'è la preoccupazione della comunità scientifica e del ministero della Salute. Il dato è chiaro: la vendita registra un boom mai visto, al punto da far risultare integratori e vitamine tra i prodotti farmaceutici più richiesti. Per riscontrare l'anomalia è facile ricollegare gli affari d'oro per i produttori con il periodo di diffusione della pandemia. Il record della prima fase, poi un leggero calo estivo e la nuova risalita delle vendite. Il ministero della Salute ha rilevato l'anomalia e scritto una una circolare per sottolineare che "non esistono, ad oggi, evidenze solide e incontrovertibili - ovvero derivanti da studi clinici controllati - di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato". L'accelerata comunque continua e interessa soprattutto la categoria di prodotti che assicurano il rafforzamento delle difese immunitarie (dati Uif-Avedisco) e che accomuna i canali distributivi di farmacia, parafarmacia e grande distribuzione organizzata (+11%) nella vendita diretta.

Google e i principali social ci hanno messo un freno, ma nell'oceano burrascoso del web si trovano le soluzioni più fantasiose. Se ne leggono da mesi di suggerimenti per prevenire il Covid, sfruttando anche le teorie più strampalate. Le più cliccate sono di certo quelle legate all'alimentazione e da qui il collegamento con la vendita di integratori e vitamine. Con un suggerimento specifico e sottinteso: potenziare le difese immunitarie. I motori di ricerca finalmente selezionano e in testa alla ricerche compaiono sempre le pagine ufficiali, cioè quelle del ministero, dei principali ospedali e dei più affermati studiosi. I complottisti, comunque, hanno già trovato la loro spiegazione: "Ci nascondono che la prevenzione è possibile". Sì, quella delle mascherine, del distanziamento e dell'igienizzazione, ribattono gli scienziati e il ministero della Salute. "Più che i mass media, a fare da grancassa alle teorie sull'utilità di integratori e vitamine sono stati in modo incontrollato i social - riflette l'infettivologo Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive all'Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell'Unità operativa di Malattie infettive della Fondazione Policlinico Gemelli di Roma -. Le vitamine presenti negli alimenti sono più che sufficienti per assicurare al nostro organismo ciò di cui ha bisogno. Già prima della pandemia di Covid, c'era la convinzione diffusa che un apporto di vitamine aiuti a star bene e migliori le condizioni di salute. Ma se c'è una quantità superiore alle necessità, l'organismo non utilizza le vitamine in eccesso. Il nostro fabbisogno è ampiamente soddisfatto da ciò che mangiamo normalmente. In passato si verificavano carenze di vitamine a causa di carenze alimentari. Per esempio, in alcune aree del Paese c'erano malattie come la pellagra dovute alla povertà e all'assunzione inadeguate di alcuni gruppi vitaminici. Ma oggi non accade più".

A frenare il boom di acquisti comunque ancora non è bastata la contrarietà della comunità scientifica. E nel documento che regolamenta la "gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SARS-CoV-2" il ministero della Salute spiega chiaramente che questi rimedi non hanno alcun effetto reale. "Non esistono evidenze scientifiche che vitamine e integratori come la lattoferrina abbiano effetti migliorativi nel trattamento del Covid né che abbiamo un'utilità in termini di prevenzione - aggiunge il professor Roberto Cauda - L'espressione "rafforzamento delle difese immunitarie" è diventato uno slogan commerciale. Dal punto di vista clinica esistono prodotti con una funzione immunodepressiva che vengono usati per impedire per esempio il rigetto, ma non è scientificamente provato che ci siano sostanze in grado di stimolare la risposta immunitaria potenziandola. I numerosi studi finora condotti non hanno dato risultati univoci».
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