Chi era Diego Maradona? "Un uomo corretto e leale, che non ha mai fatto del male a nessuno. Passa alla storia come il Dio del calcio e io ho avuto l'onore di essere suo amico".

Gennaro Montuori, Palummella nel mondo delle curve e del tifo da stadio, ha ancora mal di testa. Troppe le notti insonni, troppo forte il dolore - che in fondo è collettivo, planetario - per l'amico fuoriclasse. Diego è morto poco tempo fa e lui, che oggi è una sorta di pontefice della tifoseria napoletana, non se ne capacita: "Qui tutti ci siamo fatti le condoglianze", dice Montuori. "Con Diego abbiamo perso la chiave della nostra storia, non solo calcisticamente". Troppo vivo il ricordo dei successi sportivi, delle avventure vissute fuori dal campo. Troppo forte quel Napoli grazie a Maradona e l'amore di Napoli per Diego, anche per la china che pian piano ha preso la sua vita.

Da amico qual era, può confermare se è vero in assoluto che Diego si è fatto male da solo?

"Sì, si è fatto male da solo. L'ho dichiarato più volte. Ma abbiamo fatto di tutto per tenerlo lontano da gente pericolosa, l'ho sempre messo in guardia da certe tentazioni, sono stato un po' il suo scudo. Ho rischiato tanto, ma ne è valsa la pena. Chi ha frequentato i campi di calcio, poi, a cominciare dagli avversari, sa chi era Diego. Ma è anche vero che lui non si è approfittato mai di nulla, che ha fatto più beneficenza del miglior benefattore, che ha pagato bollette e chissà quante mensilità di affitto alla povera gente. Diego è soprattutto quello che giocò, contro il parere di tutti, a cominciare dal Napoli, una partita ad Acerra per aiutare Luca Quarto, un bambino affetto da una grave malattia che necessitava di una delicata operazione. Pagò a parte l'assicurazione contro un suo eventuale infortunio: fu curioso vederlo allenarsi, nel prepartita, in mezzo alle auto, nel parcheggio. Quella gara la giocai anch'io, con la maglia numero 7".

Ha sentito i familiari? "

Ho parlato al telefono con Hugo, il fratello, al quale ho detto che purtroppo non sarei potuto arrivare in tempo per i funerali. Avrei voluto esserci, per salutarlo un'ultima volta. Ritengo ignobile il gesto di quei balordi che si sono fatti il selfie davanti al feretro: giusto che siano stati denunciati e licenziati".

Il vostro legame era fortissimo.

"Al punto che Diego e l'ex moglie Claudia sono stati padrino e madrina di mia figlia. Sono stato al loro matrimonio e, assieme, abbiamo vissuto dei momenti magici".

Si dice che sia morto solo e, sulla scarsa qualità dell'assistenza che gli è stata prestata in Argentina, divampa la polemica.

"Lo hanno tradito le persone che gli ruotavano attorno negli ultimi tempi, la mia è una certezza. Ripeto, piango più di un amico, un fratello. Voglio ricordarlo felice, come quella volta che è salito a casa mia palleggiando con un'arancia per tre piani. Nella sua villa c'erano gli emissari della Nasa che volevano portarlo sulla Luna: era un fenomeno. In sette anni lui è diventato il nostro re, ci siamo voluti bene. E gli abbiamo permesso tutto".

C'è un campione, nel calcio italiano, che assomiglia a Maradona per quel che ha rappresentato agli occhi di un popolo sportivo?

"Maradona è inarrivabile per chiunque, ma la mia passione, quando ero ragazzino, era il Cagliari di Riva. Tutti tifavamo per Gigi: quando il Cagliari ha vinto lo scudetto, abbiamo esultato anche qui".

Lei è stato un capotifoso autorevole. Ed era presente al Sant'Elia, nel maggio del 1987, quando Cagliari e Napoli giocarono la semifinale di Coppa Italia, l'unica volta che Maradona incrociò i rossoblù. Tra le due tifoserie c'era davvero un gemellaggio?

"Cagliari e Napoli sono al Sud, hanno molte cose in comune, rapporti stretti anche dal punto di vista sociale e commerciale. C'era qualcosa tra le due tifoserie, andammo sul campo assieme, prima della partita, con le bandiere. La mia linea era inclusiva: preferivamo l'amicizia all'inimicizia. Poi la situazione, credo più sul fronte rossoblù, si è deteriorata. Ma resto dell'avviso che tra Napoli e Cagliari non possa esistere inimicizia. Ricordo di quella trasferta cagliaritana una splendida cena con la squadra in un ristorante sul mare. Sarebbe bello avere le foto".

Tornando a Maradona, trovi le parole per un suo ultimo saluto.

“Il mondo intero si è inchinato davanti a lui. E questo può bastare. Pelè, nel commemorarlo, ha detto: ci incontreremo per giocare insieme in Paradiso. Noi, ne ho la certezza, ci incontreremo in una curva azzurra per tifare per Diego. Maradona era tutto per il nostro popolo. Non solo per i due scudetti e per la Coppa Uefa che ci ha fatto vincere. Era il cuore di Napoli”.
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