C'erano una volta i saldi. Quelli veri, forieri di prevedibili soddisfazioni per clienti e venditori. Ormai, invece, sono assimilabili alle cabine telefoniche: un ricordo tinto di nostalgia."Negli ultimi anni, tra vendite promozionali a ciclo continuo e Black friday, la situazione è cambiata radicalmente rendendo obsolete le norme che regolano il settore", spiega Alberto Bertolotti, presidente della Confcommercio sud Sardegna - "purtroppo è un argomento che, comunque lo si affronti, produce malcontento in quantità industriale. È una coperta che si è dimostrata sempre corta, un tema che ha generato più conflitti che benefici alla nostra categoria, provocando un acceso dibattito interno mai risolto".

I saldi hanno ancora senso?

"No. Lo dico senza ipocrisia: Confcommercio Sud Sardegna ritiene ampiamente superata la normativa in materia di vendite straordinarie e di liquidazione per almeno due motivi".

Quali?

"Il primo è che il mondo è cambiato, le dinamiche socio-economiche degli ultimi tempi hanno fatto saltare i tradizionali schemi. Le promozioni sono diventate un elemento strutturale mentre i saldi ormai iniziano con larghissimo anticipo rispetto alle date canoniche. Non solo: il divieto di vendite promozionali nei quaranta giorni antecedenti esiste solo in teoria".

Perché?

"Tanti calpestano questa norma con una naturalezza sorprendente".

Perché la Polizia municipale non vigila?

"Mi risulta che le verifiche siano costanti ma è come arginare il mare con le mani".

L'altra ragione che la spinge a bocciare le norme in vigore?

"Questa confusione favorisce le catene e le grandi superfici specializzate - decisamente più attrezzate rispetto alle attività tradizionali - che, esaurite le vendite promozionali, utilizzano i saldi per offrire prodotti spesso riassortiti ad hoc. Così eliminano la merce dal magazzino con politiche di prezzi impensabili per le attività tradizionali".

La soluzione?

"Siamo su un piano inclinato che ha ricevuto un poderoso scossone dalla crisi economica e dagli acquisti online. Non credo a un'inversione di tendenza".

Le colpe delle grandi catene?

"La sofferenza del commercio tradizionale è sotto gli occhi di tutti. All'origine c'è una serie di concause: il ciclo naturale delle vendite per i prodotti stagionali è sconvolto; la congiuntura economica negativa e le prospettive certamente non favoriscono gli acquisti; le politiche già normalmente aggressive delle catene e dei centri commerciali - che notoriamente dispongono di strumenti di comunicazione e fidelizzazione molto più efficaci rispetto a quelli utilizzati dagli esercizi tradizionali - spingono questi colossi verso saldi mascherati che assorbono per primi le poche risorse delle famiglie".

Il futuro dei piccoli negozi?

"Le prospettive sono drammatiche. Basta pensare che i commercianti spesso devono fare i conti anche con un affitto esoso e il magazzino pieno di prodotti invenduti. Confcommercio sta trattando con il Governo il credito d'imposta proprio sugli affitti dei locali commerciali".

I veri nemici sono Amazon e i suoi fratelli?

"La vendita multicanale non può più essere vista con sospetto. Con la pandemia tutti o quasi hanno affinato una propensione sempre più naturale allo shopping online".

Quindi?

"Non è il mostro da combattere ma una necessità di chiunque voglia essere competitivo".

Però i grandi portali online non rispettano le regole e pagano tasse ridotte.

"Questo è il tema cruciale, a partire dal trattamento fiscale del quale i colossi possono beneficiare. Da tempo chiediamo l'istituzione della web tax che garantirebbe le risorse per la rigenerazione urbana".

La nuova legge sul commercio vedrà mai la luce?

"Assolutamente sì. Siamo pronti a fare le barricate, a smettere di essere perfino educati. Anche se a onor del vero la Regione sta mostrando disponibilità al confronto. Non possiamo fare figli e figliastri, dobbiamo abbandonare il concetto desueto di saldi per entrare in una nuova era in cui tutti abbiano garantito il diritto a esercitare la propria attività commerciale senza penalizzazioni".
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