Chiamateli soldati. Esuli armeni in guerra. I System of a down, alternative metal band americana, venti milioni di dischi venduti in tutto il mondo, tornano sulla scena dopo 15 anni. Il motivo è politico. Il conflitto tra Artsakh (Nagorno Karabakh) e Azerbaigian ha spinto Daron Malakian (chitarre, voce), Serj Tankian (voce), Shavo Odadjian (basso) e John Dolmayan (batteria), tutti discendenti da superstiti del genocidio armeno del 1915, a pubblicare due nuove canzoni: Protect The Land e Genocidal Humanoidz. Malakian di entrambe ha scritto musica e testi. I diritti di streaming e vendite andranno all'Armenia Fund. Ad avere l'idea di dover fare qualcosa a sostegno dei compatrioti il batterista Dolmayan: "Non importa cosa pensiamo l'uno dell'altro, non importa quali problemi ci siano stati nel passato, dobbiamo metterli da parte perché quello che sta accadendo è più grande dei System Of A Down e più grande di tutti noi ... dobbiamo fare qualcosa per sostenere il nostro popolo". Il gruppo ha messo a parte i problemi che li avevano portati al virtuale scioglimento e ripreso le armi in mano. L'impegno sociale e politico ha da sempre caratterizzato il gruppo, che insieme a Tom Morello, chitarrista del Rage Against The Machine, ha fondato l'organizzazione Axis of Justice, che sostiene la giustizia sociale. Durante la guerra in Iraq il loro pezzo Boom! venne sostenuto da un video girato dal regista Michael Moore, diventando un inno pacifista. "Probabilmente siamo l'unica rock band che ha dei governi come nemici, l'unica rock band che è in guerra, ho scritto queste canzoni per sostenere il morale delle nostre truppe e degli armeni in tutto il mondo": Con queste parole Malakian, ha presentato al pubblico e alla stampa i due nuovi brani.

Oscurata dalla pandemia la guerra tra Nagorno Karabakh e Azerbaigian ha causato migliaia di morti. Le chitarre dei System, Malakian usa quasi sempre Ibanez Iceman, forse non basteranno contro le armi di ultima generazione in possesso alle truppe di Baku, come i missili balistici israeliani Lora, i droni kamikaze Harop, anche loro israeliani, molto piccoli e capaci di sfuggire ai radar, e i droni killer turchi Bayraktar. Proprio questi droni avrebbero distrutto oltre un centinaio di carri armati T-72 di Erevan colpendo in profondità oltre le linee armene. Il gap tecnologico tra le parti è evidente e ha fatto prevalere le truppe azere. In totale dalla ripresa del conflitto ci sarebbero stati cinquantamila morti. Un incredibile massacro nell'assoluta indifferenza del resto del mondo, impegnato a combattere un nemico invisibile e molto crudele. Quella del Caucaso è una guerra molto vicina a noi, sebbene sia rivestita di una patina di esotismo, come sempre quando si parla dei territori nati dall'implosione dell'Urss. Dalla Cecenia in poi. Il Nagorno Karabakh è una regione situata nella parte meridionale del Caucaso. È un territorio autonomo conteso, parte dell'Azerbaijan, ma con una maggioranza etnica armena. È governato dalla repubblica di Artsakh (che si chiama così dal 2017. Ai tempi dell'Urss era la regione autonoma Nagorno Karabakh della Repubblica Sovietica dell'Azerbaijan). L'Armenia confina con Turchia, Iran e Georgia. L'Azerbaijan con Russia, Iran e Georgia. Basta la posizione geografica e chi sono gli attori con un ruolo interessato in questo teatro strategico per capire quanto la situazione possa essere delicata. Le ragioni del conflitto sono di carattere etnico e territoriale. Sotto l'Unione Sovietica, Joseph Stalin decise di fare della regione del Nagorno Karabakh una regione autonoma dell'Azerbaijan sovietico. L'attuale conflitto iniziò nel 1988, quando gli armeni del Karabakh chiesero che il Karabakh fosse trasferito dall'Azerbaijan sovietico all'Armenia sovietica. Il conflitto si è trasformato in una guerra su vasta scala all'inizio degli anni '90. Dopo un cessate il fuoco firmato nel 1994 ci sono stati due decenni di relativa stabilità. Il cessate il fuoco è stato poi violato nell'aprile 2016. Nei giorni scorsi la notizia della firma di una tregua è stata accompagnata dalle violenti proteste armene.
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