Di fronte al Covid non siamo tutti uguali. Il gruppo sanguigno, ad esempio, può incidere sul rischio di sviluppare la malattia e le sue complicanze. Lo hanno scoperto da poco, e chissà quante altre cose verranno fuori sulla pandemia del secolo.

La grande differenza nella lotta a mani nude con la pandemia però resta il rispetto delle norme di prevenzione, che tutti abbiamo imparato ma che troppi dimenticano: "Distanziamento sociale, lavaggio delle mani e mascherina", ripete l'epidemiologo Giovanni Sotgiu, docente di statistica medica dell'Università di Sassari e componente del comitato tecnico-scientifico della Regione. Meglio assimilarle subito, queste regole di difesa dal virus. Perché ci dovremo convivere almeno per un altro anno, se la profezia di Anthony Fauci - che per ora ne ha azzeccate molte - si dovesse avverare: "Saremo al sicuro solo alla fine del 2021". Nel frattempo, dobbiamo fare di tutto per limitare la diffusione, anche perché la scienza sta ancora esplorando il coronavirus e le sorprese potrebbero non finire qui. L'unico dato certo, per il momento, è che la strada dell'immunità di gregge - teorizzata durante la prima ondata da diversi leader mondiali - è perdente: "Al momento non abbiamo certezze sulla durata nel tempo della risposta degli anticorpi", dice Sotgiu.

Insomma: è possibile ammalarsi più di una volta.

"Contrariamente ad altri tipi di infezione, come quella da morbillo, la risposta anticorpale sembrerebbe attenuarsi dopo mesi. E' un dato che potrebbe associare il Sars-CoV-2 agli altri coronavirus stagionali. L'immunità sembrerebbe piuttosto labile. Questo ci fa riflettere sulla necessità di produrre un vaccino in grado di assicurarci una protezione permanente. Potrebbe magari esserci bisogno di richiami".

Quindi non è detto che il vaccino sia la soluzione.

"Al momento è prematuro dirlo. Di sicuro è sbagliato che i politici, a partire dal presidente del Consiglio, parlino della possibilità di avere le prime dosi nel giro di poco tempo. Così si illude la popolazione. Tutti gli scienziati, Fauci in testa, predicano cautela. Perché non abbiamo contezza della sicurezza del prodotto, e non sappiamo quanto duri l'immunità. Inoltre, non vanno sottovalutate le recenti pubblicazioni sulle complicanze croniche".

E cosa dicono?

"Chi ha superato l'infezione, anche in maniera asintomatica, può comunque avere problemi permanenti. Soprattutto a cuore e polmoni. Sono state individuate lesioni, sia in soggetti giovani che in età avanzata. Questo vuol dire che alcuni non sviluppano disturbi rilevanti all'inizio dell'infezione, ma questi si possono comunque manifestare a lungo termine".

Come mai in Italia il tasso di letalità è molto più alto rispetto ad altri Paesi?

"Il tasso di letalità è il rapporto tra il numero dei morti e quello degli infetti. Nel conto italiano influisce ancora il primo periodo, quando si facevano i tamponi solo a chi arrivava in ospedale. I positivi in realtà erano molti di più di quelli accertati. Ora che i test sono molto più diffusi, il tasso di letalità si è livellato in tutti i Paesi".

Conta anche l'affidabilità del sistema sanitario?

"La Germania era molto organizzata per le terapie intensive, ed è riuscita a gestire bene la prima ondata. In Italia, e in particolare in Lombardia, abbiamo avuto un eccesso di casi che superava le capacità del sistema. E questo fattore ha inciso sulla letalità".

Ci libereremo del Covid?

"Se riuscissimo ad avere delle terapie efficaci, associate a un vaccino efficace su larga scala, allora potremmo controllare l'infezione e ridimensionarla. La probabilità di riuscire a farlo è elevata. In questo caso, con cure e vaccino, potrebbe diventare una normale influenza. Ma bisogna anche considerare le possibili mutazioni del virus".

Ce ne sono state finora?

"E' un virus più stabile nella sua struttura rispetto ad altri, che presentano cambiamenti più frequenti. Per quanto riguarda il Sars-CoV-2, a giugno è stata individuata una mutazione, che viene associata a una replicazione più veloce del virus e a una trasmissibilità maggiore".

E' vero che alcuni gruppi sanguigni sono più protetti rispetto ad altri?

"Qualche settimana fa è stato pubblicato uno studio. Il gruppo sanguigno "A" ha un maggior rischio, circa il 45% in più, di sviluppare la malattia e le sue complicanze. Il gruppo "0", al contrario lo riduce del 35%".
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