Lo scorso 22 agosto sono terminate le risorse naturali messe a disposizione ogni anno dalla Terra agli esseri viventi che la popolano. Un linea di confine, chiamata "Overshoot Day", raggiunta con sempre maggior anticipo tanto che l'ultimo anno chiuso con un bilancio "in parità" (risorse esaurite a dicembre) è il 1969. Un problema del quale si è ampiamente discusso alcuni mesi fa, e la conclusione non è buona: oggi, visti i numeri, ci sarebbe bisogno di quasi un altro pianeta per consumare solo quanto prodotto. I tre quarti in più rispetto alle possibilità attuali. Ma questo nuovo mondo non c'è. La Luna è inospitale; Venere è invivibile a causa delle sue temperature infernali; Marte è il corpo celeste più simile al nostro ma non è comunque una soluzione praticabile per lontananza (di recente nel suo moto di rivoluzione attorno al Sole è transitato a 62 milioni di chilometri da noi, la distanza minore possibile: non una passeggiata) e anche abitabilità (fa più freddo, il suolo è un deserto rosso, non c'è la disponibilità di acqua necessaria e sufficiente a far proliferare la vita umana).

Un problema di fatto irrisolvibile. Eppure nella fascia abitabile del Sistema solare, quella che comprende un'area non troppo distante e non troppo vicina rispetto alla nostra stella, sarebbero potuti esserci fino a sei corpi celesti. Un numero non teorizzato a casa ma ottenuto grazie a "complessi algoritmi e a un potente cervellone", ha spiegato Stephen Kane, astrobiologo dell'Università Riverside della California. Una possibilità di scelta che sarebbe stata ben più ampia per le generazioni future nel caso diventi inevitabile (la strada è questa) il loro trasloco di massa per la sopravvivenza. Invece è andata diversamente e in quello spazio neanche tanto largo ci siamo solo noi e i nostri "cugini". Colpa di Giove, pare, il gigante gassoso del nostro piccolo condominio, una stella mancata. E' quanto sostiene lo studio pubblicato dai ricercatori di Kane: quando, miliardi di anni fa, la materia stellare, i gas e il pulviscolo girando attorno al sole cominciavano ad aggregarsi e a dar vita ai pianeti, la formazione del re del sistema solare (la cui massa da sola rappresenta il 70 per cento di quella degli altri sette compagni di viaggio) ha ucciso sulla culla i fratellini più piccoli. Utilizzando un computer capace di calcoli difficilmente comprensibili per l'Uomo, la squadra di lavoro messa in piedi dal biologo ha creato un modello di sistema planetario composto da un certo numero di pianeti, dopo di che ha accelerato la sua vita andando avanti per centinaia di milioni di anni così da studiarne l'evoluzione. Ecco come si è arrivati a ipotizzare la presenza di sei corpi celesti nella fascia abitabile del sistema che ci ospita.

Ma la presenza di Giove ha ridotto il numero a tre. La sua presenza avrebbe disturbato le orbite degli altri corpi rocciosi in via di aggregazione, e la prova sarebbe data dall'ampia fascia di asteroidi che si trova oltre Marte: un enorme spazio nel quale miliardi di detriti navigano con traiettorie imprevedibili ma entro un ben delimitato confine nel quale si scontrano, creano altri fratellini, si uniscono. E che in passato hanno contribuito a formare il nostro pianeta e lo stesso Marte, mentre oggi non hanno la possibilità di fondersi del tutto tra loro proprio per la presenza del gigantesco campo gravitazionale di Giove. Così si spiega perché nella fascia abitabile ci sono tre pianeti e non sei come invece è accaduto, per esempio, nel sistema chiamato "Trappist-1", dove addirittura si trovano sette Terre alternative, della sua stessa dimensione e non troppo vicine né troppo distanti dalla loro stella. Posizione che rende ipotizzabile la presenza di acqua allo stato liquido, condizione essenziale perché nasca la vita come noi la intendiamo.

Venere e Marte erano seri candidati, vista la loro posizione. Ma l'evoluzione ha deciso diversamente, anche se l'ipotesi prevalente è che il pianeta rosso in un passato abbastanza lontano fosse molto più simile alla Terra anche riguardo le condizioni di abitabilità. Oggi è più freddo, l'atmosfera non è adeguata alla vita umana, non ha un campo magnetico in grado di respingere le radiazioni solari, non ha acqua (comunque ancora non è stata trovata) facilmente reperibile allo stato liquido.

Dunque si torna al problema iniziale: esiste un pianeta B sul quale il genere umano possa sopravvivere quando la sua attuale casa diventerà (sia mai) inospitale? La risposta per le conoscenze e le tecnologie attuali è no. Anche se gli astronomi e gli scienziati hanno scoperto l'esistenza del sistema "Beta Canum Venaticorum" nella costellazione dei Cani da caccia. Non ha giganti gassosi e potrebbe ospitare pianeti simili al nostro con orbite stabili. C'è un piccolo problema: si trova a circa 27 anni luce di distanza. Oggi non è facilmente raggiungibile. E neanche dopodomani.
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