Esattamente 50 anni fa l'opinione pubblica sarda ricominciava a spaccarsi in due sulla sorte di Domenicangela Atzas, la donna trovata senza vita nel luglio 1961 a poca distanza da Borore.

Il marito Francesco Lutzu colpevole o innocente?

E suo padre, il colonnello Antonio Lutzu, complice o estraneo alla vicenda?

E la maestrina Margherita Sequi, presunta amante di Lutzu junior (un amore che lo avrebbe spinto a sbarazzarsi della moglie con l'aiuto del genitore), che parte aveva avuto in quello che è stato definito il primo giallo "mediatico" della storia giudiziaria sarda?

Interrogativi che tornarono prepotentemente d'attualità quando, il 5 gennaio 1968, L'Unione Sarda diede conto della sentenza d'appello.

Francesco Lutzu si vide confermato l'ergastolo, mentre il padre e la maestrina (23 e 21 anni in primo grado) furono assolti. Il presunto sicario, Costantino Putzulu, era già stato scagionato da un pezzo per insufficienza di prove.

Un verdetto che fece discutere, ma che non mise fine alla vicenda processuale.

Dopo il successivo ricorso, la Cassazione, anziché pronunciarsi, ordinò infatti un appello bis, al termine del quale i Lutzu furono nuovamente condannati.

La Sequi, invece, fu definitivamente assolta nel 1978. Anche in questo caso tra applausi e proteste.

(Unioneonline/l.f.)

Gennaio 2018
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