Il primo dicembre del 1989 Mikhail e Raissa Gorbaciov varcano in auto la porta di S. Anna, in Vaticano, e poco più tardi vengono accompagnati nella biblioteca dove ad attenderli c'è il Papa, Giovanni Paolo II. È l'inizio della storica visita del leader russo, l'uomo del cambiamento in un anno – il 1989 appunto – in cui si registra la caduta del Muro di Berlino, avvenuto quasi un mese prima.

Il loro colloquio dura più di un’ora e il Papa ribadisce i tre concetti a lui tanto cari: la libertà religiosa, il problema dei cattolici ucraini e l’apertura delle relazioni diplomatiche con il Vaticano.

Gorbaciov arriva ad affermare che il marxismo-leninismo non è la verità assoluta, Papa Wojtyla dice che i cambiamenti nell’Europa dell’Est – di cui è stato fautore anch’egli, concetto sottolineato dallo stesso leader russo e dal ministro degli Esteri sovietico Eduard Shevarnadze – possono non conformarsi al modello occidentale.

Nel febbraio 1989 il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan diviene effettivo, i dirigenti ungheresi istaurano il pluripartitismo nel loro Paese senza attirarsi le ire del Cremlino, mentre in Polonia viene riabilitato il sindacato Solidarność e organizzate elezioni “quasi democratiche”, nel giugno di quell’anno, col sindacato che vince in maniera schiacciante. Questo, e altro, come gli aperti dissensi tra Gorbaciov e le alte cariche della Ddr tedesca porteranno alla svolta: la caduta del Muro di Berlino, tre settimane prima l’arrivo di Gorbaciov in Vaticano.

(Redazione Online/m.c.)

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