29 settembre 1973: ore di tensione all'aeroporto di Elmas, quando, intorno alle 11 del mattino, un aereo con a bordo due terroristi atterra sulla pista sarda a conclusione di una clamorosa vicenda cominciata in Austria.

Dopo aver sequestrato, e poi liberato, un gruppo di ebrei, e aver ottenuto da Vienna un aereo da turismo e due piloti, attraverso uno scambio di quattro ostaggi, il gruppo di fedayyn arriva in Sardegna e per cinque ore resta in pista.

Il tempo per fare rifornimento e, dopo intense trattative, ottenere i piani di volo per raggiungere Malta o Algeri.

"Se non saremo accontentati - la minaccia - faremo saltare in aria l'aereo, insieme ai piloti", dicono i guerriglieri palestinesi.

Per cinque lunghe ore, in uno scalo presidiato dalle forze dell'ordine, si scatena il panico.

È un funzionario dell'aeroporto, Onorio Carlini, che decide di raggiungere in pista il velivolo: è disarmato ed è seguito dal maresciallo della polizia di frontiera Cutillo; quando torna indietro, con lui c'è il primo pilota, uno degli ostaggi, che espone le richieste dei dirottatori: il piano di carburante e un piano di volo per Libia o Algeria.

Dice anche che i due indossano giubbotti antiproiettile, sono armati di mitra, fucili e almeno 30 bombe a mano.

Le autorità decidono di accontentarli per risolvere la situazione, ma sorgono alcuni problemi: le autobotti dello scalo non hanno bocchettoni adattabili al piccolo aereo, mentre Algeria, Tunisia e Libia fanno sapere che non sono disposte ad accettare l'atterraggio.

I tiratori scelti sono sui tetti, nascosti, pronti a intervenire.

Ma arriva la tanto sospirata notizia: mentre il rifornimento viene effettuato, Malta e Algeria danno la propria disponibilità ad accogliere il bimotore con i dirottatori; intorno alle 16 la partenza.

Poche ore di volo e i terroristi atterreranno a Tripoli.

(Redazione Online/s.s.)

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