Dagli spalti del settore ospiti dell'Olimpico alla sede di un Cagliari Club. Il passo è breve, quando vivi a Roma ma hai il cuore rossoblù. Così, tra i pensieri di Nicola Galasso, biologo marino di 31 anni, è scattata l'idea di riunire tutti i tifosi cagliaritani in un'unica sede, quella del Club La Capitale rossoblù. Quasi 3 anni di attività e 34 soci, "Ricordo i messaggi su facebook e le telefonate per racimolare a fatica i primi 10 iscritti. Adesso, ogni qualvolta ci riuniamo, vedere questo gruppo ormai grande e coeso, magari con le rispettive famiglie, mi riempie di gioia e orgoglio", racconta il cagliaritano.

Tra gli altri fondatori anche Chicco Ventagliò, il segretario Pier Luigi Marogna, libero professionista romano di 39 anni, il cassiere del club, Alessio Tului, ingegnere di 46 anni, cagliaritano come Michele Corona, Nicola Frau e Filippo Spanu, studenti di 24 e 26 anni. E poi Francesco Conigli, presidente del circolo, dipendente pubblico, 38 anni nato a Roma, Eugenio Fara, e il vicepresidente abruzzese Emidio D'Amato. "Tifo per il Cagliari da quando avevo 13 anni, per merito di Gigi Riva e della squadra dello scudetto. Nello sfondo della foto del gol in tuffo di Gigi, che segnò contro la Germania Est a Napoli, ci sono anch'io. Fu la prima delle grandissime emozioni che mi regalò la fede rossoblù che durerà per sempre", racconta appassionato il professore di 59 anni.

Nel club romano si può stare ore intere ad ascoltare le belle storie direttamente raccontate dal popolo rossoblù che vive dall'altra parte del Tirreno. Sardi e non, giovani e meno giovani, uomini e donne, come nel caso di Claudia Dalla Santa, classe '59. "A 9 anni mio padre mi portò a vedere il Cagliari. Curva sud gremita di famiglie. Da allora non ho mai smesso di tifare i rossoblù. Complice anche la vicinanza con l'allora medico del Cagliari Augusto Frongia, che mi fece conoscere Riva, Domenghini, Albertosi, Nene'. Ho trasmesso a mio figlio la passione per il calcio e per un tifo sano, corretto e gioioso". Nella città in cui dominano i colori giallorossi chi ha sangue sardo non li vede nemmeno.

Lo spiega Roberto Gattus, nato a Roma, madre romana e romanista, padre cagliaritano di fede rossoblù. "Sin da piccolo mamma ha provato a farmi cambiare idea, ho pure visto diverse partite all'Olimpico in Champions. Ma il legame che, sin da piccolo, avevo per la mia amata terra era ed è insormontabile" dice con orgoglio l'operaio di 28 anni. "Su Facebook ho scoperto la pagina della capitale rossoblù. Ho contattato il grande Nicola Galasso e da quel giorno è nata per me una seconda famiglia. Cene, trasferte, ogni volta è come se ci conoscessimo da tantissimo tempo, sono fiero di farne parte". Discorso che accomuna tanti giovani di origini sarde come Mauro Deidda, tra i consiglieri del club, tifosissimo del Cagliari per merito del papà Ignazio di Mandas. "Sono nato a Roma, il mio accento mi tradisce, però mi sento sardo al 99%, ho trasmesso questa passione a mio figlio di 13 anni che, tra laziali e romanisti, con orgoglio urla Forza Casteddu. Sono stato uno dei primi a far parte di questo magnifico Club che si contraddistingue per sportività, passione e rispetto per gli avversari. Ogni scusa è buona per vederci e tifare insieme con una bella Ichnusa in mano" racconta l'impiegato di 42 anni. Se non si è sardi, la conversione in rossoblù proviene sempre da quel 1970 e da quella figura quasi mistica che di nome fa Gigi Riva.

Ne sa qualcosa anche Ezio Risi: "Sono tifoso del Cagliari per merito del grande uomo e miglior goleador di tutti i tempi. Ero bambino, ascoltavo la radio e conoscevo poco della mia squadra, i giocatori solo per nome. Nel giorno dello scudetto diventammo tutti rossoblù, ma col passare degli anni, tanti si sono appassionati ad altre squadre, mentre io sono rimasto orgogliosamente Cagliaritano".

Un altro adepto dell'Era scudetto è Fabio Barbaglia, nato ad Orvieto proprio nel 1969. "Ho sempre sentito parlare di Giggirivva, è l'unico rimasto in terra sarda nonostante le richieste da altri club importanti. Dopo di lui per me c'è solamente Daniele Conti. Non ho mai vista una partita in Sardegna, ma quando c'è da soffrire e gioire, sono sempre presente". Un unico filo conduttore che dal periodo d'oro arriva fino a oggi in un club dove si incrociano tante anime e dove, come dice Marco Serreli, 32 anni, assistente familiare, "Ci contraddistingue la semplicità e la correttezza".

Sul Cagliari attuale un unico pensiero condiviso: "Dopo la retrocessione abbiamo notato la voglia di reagire della società e squadra. Hanno costruito una rosa di primo piano per la B, un mix di esperti della categoria, giovani di prospettiva ed uomini spogliatoio. Rastelli l'uomo giusto per tenere unita e condurre questa orchestra. Le partite meno spettacolari ma vinte, anche se per il rotto della cuffia, rendono l'idea del carattere della squadra e della società".
© Riproduzione riservata