Ad un anno dall'alluvione che il 18 novembre scorso ha colpito la Sardegna, la palestra dell'istituto tecnico di Sanluri è stata chiusa, lasciando senza campo oltre che gli studenti della scuola anche molte società sportive. Da qui l'appello, che riportiamo per intero, di Francesco Pittau, capitano della squadra di pallavolo che milita nella serid D maschile.

"Circa un anno fa, dopo l’alluvione del 18 novembre che ha colpito la Sardegna più di qualsiasi altra regione d’Italia, è stata chiusa la palestra dell’istituto tecnico di Sanluri. Questa palestra, tra le più belle e funzionali del Medio Campidano, da quando è stata costruita per gli studenti della scuola, è stata la casa della Pallavolo Sanluri.

Anche se Sanluri non è stata colpita direttamente (a parte la piccola frazione di Sanluri Stato che si trova a circa 5 chilometri dal paese, dove alcune aziende agricole hanno avuto forti disagi) le forti piogge hanno provocato un’infiltrazione d’acqua. A causa di tale infiltrazione la palestra è stata dichiarata inagibile.

Nel frattempo, sono stati preventivati lavori per la sistemazione della palestra con spese ingenti anche se, per risolvere l’infiltrazione, a detta di un'impresa privata locale, basterebbe una normale manutenzione per sistemare il danno. Sempre secondo l’impresa uno dei tanti pannelli della struttura si è staccato, più che per il maltempo, probabilmente a causa del fissaggio eseguito non a regola d’arte.

Intanto la società Pallavolo Sanluri è riuscita a ottenere un contributo dalla Fondazione Banco di Sardegna pari all'importo dei lavori previsti. In teoria il problema sembrerebbe finalmente risolto, invece no. Questi soldi, una vera e propria donazione, non possono essere spesi direttamente dalla fondazione ma devono necessariamente passare per il bilancio dell’Ente competente (la provincia del Medio Campidano) e quindi, ancora oggi, a causa dei vincoli imposti dal patto di stabilità, non possono essere usati per mettere finalmente la parola fine alla questione e rimediare al "danno".

A rimetterci, oltre ai tantissimi studenti dell’Istituto, è ovviamente la società di pallavolo: oltre 150 atleti che si trovano costretti a praticare sport in palestre alte non più di 7-8 metri e di dimensioni sufficienti a contenere il campo da gioco.

Da oltre 30 anni la Pallavolo Sanluri partecipa ai campionati Fipav, ottenendo sempre grandi risultati sia in campo che fuori. Siamo orgogliosi e possiamo affermare, senza tema di smentita, di essere uno dei fiori all’occhiello della Sanluri sportiva. Purtroppo tutto il lavoro fatto in 34 anni di lavoro e sacrifici sta andando in fumo a causa della mancanza di spazi adeguati (regolamentari e decorosi) per pianificare un progetto sportivo in cui siano protagonisti i giovani.

Attualmente i ragazzi della squadra maschile si allenano a Sardara e le ragazze della squadra femminile nella palestra di Villanovaforru. E’ impensabile però pretendere che bambini e ragazzi adolescenti facciano 10 chilometri per praticare un ora di sport.

A Sanluri fortunatamente non mancano le palestre di cardio-fitness, ballo, campi da calcio; quindi perché fare tanto sforzo se le alternative ci sono? Questo purtroppo è uno dei ragionamenti che la maggior parte dei genitori, giustamente, fa al momento di decidere dove mandare il proprio bimbo a fare sport. Ma lo sport dovrebbe essere una libera scelta, fatta per passione, non un’alternativa tra le meno disagevoli. E così la pallavolo sanlurese sta morendo e se si considera che iniziano ad affondare proprio le Società che da una vita stanno a galla, pur tra mille difficoltà e sacrifici, allora siamo proprio alla frutta. Appena due anni fa la squadra maschile era una compagine abituale nella massima serie regionale (serie C); per effetto della crisi, che non risparmia nessuno, si è trovata costretta a chiedere la retrocessione d’ufficio in quanto non poteva più sostenere i costi di un campionato dalle trasferte così lunghe.

La pallavolo, al pari di molti altri, è uno sport dagli altissimi valori sociali (rispetto, correttezza, condivisione, inclusione) incarnati dalle persone che lo praticano e dalle rispettive società: non merita questa fine. La stessa fine che ci auguriamo non tocchi, nello specifico".
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