L'insulto ha lasciato senza parole la stampa presente alla proiezione di "The Nightingale", pellicola dell'unica regista donna in gara a Venezia, l'australiana Jennifer Kent.

Certo il film farà discutere, per l'estrema violenza - forse eccessiva - di tante sequenze, tra stupri, omicidi e persino un infanticidio, ma la reazione dello spettatore è risultata talmente spropositata da spingere gli organizzatori della Biennale di Venezia a ritirare l'accredito stampa al responsabile.

La regista si è difesa spiegando le ragioni che l'hanno portata a girare un film del genere: "Siamo in un momento storico difficile: l'amore e la compassione sono vicini ad essere considerati dei difetti. 'The Nightingale' parla di questo. Della necessità di mantenere la nostra natura umana anche quando tutto intorno a noi ci spingerebbe a fare il contrario"

Il film è ambientato nella Tasmania di inizio '800, durante l'occupazione inglese e lo sterminio degli aborigeni, e si concentra sulla vita di Clare, detenuta irlandese vittima dei soprusi di un ufficiale britannico. Una volta libera, la donna si metterà sulle tracce del suo aguzzino per vendicarsi, insieme a una guida locale che ha altrettanti validi motivi per odiare gli invasori inglesi.

"Volevo mostrare il prezzo umano della violenza - dice Jennifer Kent - e le sue conseguenze da una prospettiva femminile. Ed è importante che si rimanga scioccati. Ho ripercorso la storia del mio Paese, perché la colonizzazione dell'Australia è stata contrassegnata dalla violenza: nei confronti degli aborigeni, delle donne e del Paese stesso, strappato ai suoi primi abitanti. Per sua natura, la colonizzazione è un atto brutale.

(Unioneonline/b.m.)

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