Era l'8 giugno 1976, 42 anni fa, quando il magistrato Francesco Coco veniva brutalmente assassinato a colpi di pistola e di mitra dalle Brigate Rosse, a Genova, insieme ai due agenti della sua scorta, il poliziotto Giovanni Saponara e il carabiniere Antioco Deiana. L’omicidio, il primo di un magistrato condotto dalle BR, ebbe un grande impatto sull’opinione pubblica e fu considerato la dimostrazione delle capacità dei brigatisti di togliere di mezzo chi era considerato un ostacolo alla lotta armata.

A questo tragico episodio, per cui fra l’altro non tutti i colpevoli ancora oggi sono stati identificati, è dedicata la puntata di "Monitor" in onda alle 21 su Videolina.

Condotta da Simona De Francisci e con i figli di Francesco Coco e Antioco Deiana in studio, la trasmissione ripercorre gli anni di piombo accanto alle vicende umane e personali delle vittime. In studio anche il magistrato Ettore Angioni, amico e collega di Coco.

FRANCESCO COCO - Nato a Terralba, in provincia di Oristano, il 12 dicembre del 1908, dopo gli studi in legge era diventato, negli anni Trenta, giudice istruttore a Nuoro. Quindi la nomina a sostituto procuratore generale della Corte d'Appello di Cagliari, dove si era occupato in più occasioni di sequestri di persona e del fenomeno del banditismo. Dopo un trasferimento in Liguria, negli anni Sessanta e Settanta, Coco fu procuratore a Genova.

Il suo nome arriva all'attenzione della cronaca nazionale con il sequestro di Mario Sossi, organizzato dalle Brigate Rosse nel 1974.

IL RAPIMENTO SOSSI - Sossi era stato pubblico ministero, l’anno precedente, nel processo che aveva portato alla condanna dei membri del cosiddetto "Gruppo XII Ottobre", organizzazione di sinistra, oggi considerata un precursore delle BR, che a partire dalla fine degli anni Sessanta aveva compiuto vari attentati in Liguria.

Le Brigate Rosse, a pochi giorni dal sequestro di Sossi, ne avevano proposto la liberazione con la clausola di scarcerazione e trasferimento in un "paese amico" all'estero di otto terroristi del Gruppo XII ottobre.

Il 20 maggio la Corte d'assise d'appello di Genova aveva dato parere positivo alla libertà provvisoria degli otto detenuti, ma Francesco Coco si rifiutò di controfirmare l'ordinanza per la scarcerazione, presentando un ricorso presso la Corte di Cassazione. Nonostante la fallita trattativa, il 22 maggio le BR liberarono Sossi.

Il rapimento costituitì una delle prime evidenze dell'azione di lotta delle Brigate Rosse, che mostrarono così all'opinione pubblica italiana di essere in grado di compiere azioni ben più complesse, rispetto a quelle in cui erano ormai note, come quella di rapire un magistrato, tenerlo impunemente in loro prigionia per più di un mese e negoziarne la liberazione con lo Stato italiano.

Alcuni mesi dopo, il brigatista Alberto Franceschini, che aveva gestito il sequestro con Margherita Cagol e Piero Bertolazzi, fu arrestato dai carabinieri insieme a Renato Curcio, mentre Cagol rimase uccisa in un’operazione di polizia nel 1975.

La prima pagina de L'Unione Sarda del 9 giugno 1976
La prima pagina de L'Unione Sarda del 9 giugno 1976
La prima pagina de L'Unione Sarda del 9 giugno 1976

GLI ANNI DI PIOMBO - Ne seguirono anni di incertezza e terrore, con sequestri e ferimenti verso dirigenti industriali, poliziotti, magistrati e giornalisti all'ordine del giorno. In un clima di grande tensione e con nuove elezioni politiche previste per fine giugno, il 27 maggio 1976 era iniziato a Torino il processo al “nucleo storico” delle Brigate Rosse, che aveva tra gli imputati Curcio, Franceschini e Prospero Gallinari, brigatista che dopo la condanna sarebbe evaso nel 1977 e che tra le altre cose partecipò al sequestro di Aldo Moro nel 1978.

'’8 giugno 1976, a dodici giorni dalle elezioni politiche, l'uccisione di Francesco Coco e dei due agenti della scorta, in pieno giorno, alle 13.30, a pochi passi dalla stazione ferroviaria di Genova Piazza Principe. Coco era stato ucciso in segno di rappresaglia per essersi opposto alla scarcerazione degli otto membri del "Gruppo XII Ottobre" due anni prima.

Il giorno dopo, a Torino, Gallinari provò a leggere una dichiarazione nell'aula in cui si stava celebrando il processo contro il "nucleo storico", rivendicando l'assassinio di Coco da parte delle Brigate Rosse. Fu fermato dalle forze dell'ordine e ne seguirono scontri in aula.

MAGISTRATO INTEGERRIMO - "Francesco Coco era un magistrato duro – scriveva L'Unione Sarda il 9 giugno 1976 – un accusatore inflessibile. Nei discorsi per le inaugurazioni dell'anno giudiziario non nascondeva il suo modo di concepire la giustizia. Ma lui, 'Ciccio' come lo chiamavano gli amici, non era solo questo. Era un uomo integerrimo. Un servitore fedelissimo dello Stato. Una persona coerente che non esitava ad assumere posizioni impopolari quando si trattava di affermare il primato della Legge".

(Unioneonline/v.l.)
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