Lo aspettavano tutti al varco, ed eccolo qui. Lui, Ghali, il nome su cui da tempo si sono accesi i riflettori di chi cerca (e spesso trova) qualche nuovo sussulto nella musica rap/trap italiana, inseguendo una scossa che nel suo caso – guardando un po' indietro, ma nemmeno tanto – ha preso a smuovere le cose pian piano, video dopo video, stringendo certezze tra visualizzazioni su YouTube e passaparola tra teenager e tardo-adolescenti, sempre più numerosi.

Gente che in Ghali si rivede, si risente, eleggendolo a proprio specchio di evasione/riflessione.

Ghali esce con il suo primo disco, mettendo così un punto sulla sua arte, fatta di episodi, trattazioni brevi, discorsi lunghi tre minuti e lasciati aperti.

Invece "Album" - questo il titolo didascalico dell'opera – è un contratto chiuso con le proprie incertezze e i propri capisaldi, che ruotano, almeno quest'ultimi, sulle basi dell'amico Charlie Charles. Un po' di cadenze trap, un po' di bassi sorprendenti, uno spicchio d'Africa a richiamare quanto basta (e sottolineare) le sue origini tunisine, in un tratto d'esotismo e integrazione che ha da sempre illuminato i suoi passi.

E che "Album" sia un eccezionale punto d'arrivo lo si evince anche da un video di ringraziamenti pubblicato qualche giorno fa su YouTube (dove dice: “Lo dedico a mia madre, questa è la mia laurea”). Una serie di grazie sinceri e, insieme, un segnare il proprio perimetro, la famiglia allargata da cui è nato tutto, da cui è sbocciato il mondo di Ghali. Lingua affilata e furba, facile quando vuole essere accondiscente con la giovane età dei suoi referenti, sciolta e adulta quando racconta l'autobiografia di un giovane musicista che – dice – mai come qui “si è guardato ancora più attorno, allargando lo sguardo, per vedere quali sono i miei limiti e andare oltre”. E infatti l'operazione non include vecchi singoli cardine come “Willy Willy” o “Dende” ma punta su roba fresca, nuova. Include però i singoli di lancio “Ninna Nanna”, “happy Days” e “Pizza Kebab”, a cui aggiunge la maturità di “Habibi” o “Lacrime” e pure – perché no? - il semplicismo superficiale di “Oggi no”, che chiude il disco ma apre di nuovo al tema successo/rivalsa e relativa gestione di una popolarità che – ne siamo certi – continuerà a crescere.
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