Un nuovo studio che sfata alcuni -falsi - miti sull'aspirina.

A riportarlo il "New England Journal of Medicine", che cita il lavoro portato avanti da alcuni ricercatori del "National Institute on Aging" statunitense secondo cui il noto farmaco da banco non può essere considerato uno scudo universale per il cuore. Anzi.

Gli studiosi hanno analizzato gli eventuali benefici dell'aspirina su un ampio gruppo di anziani sani, valutandone gli impatti sulla "sopravvivenza libera da disabilità" e sulla mortalità.

L'obiettivo era capire se il farmaco, già considerato un caposaldo nella prevenzione secondaria di eventi cardiovascolari come infarto e ictus, potesse servire anche ai soggetti sani, che non hanno avuto precedenti eventi cardiaci e senza preoccupanti placche aterosclerotiche a rischio occlusione.

E il nuovo studio clinico, chiamato "Aspree" ("Aspirin in reducing events in the elderly"), sembra dipanare ogni dubbio.

I ricercatori hanno coinvolto oltre 19mila persone sane, che all'inizio della ricerca avevano dai 65 anni in su. Dai risultati è emerso che l'assunzione di 100 milligrammi di aspirina al giorno, considerato un dosaggio basso, non ha alcun effetto sulla salute: non aumenta e non diminuisce la durata di vita senza disabilità.

Al contrario, alcune evidenze che tuttavia i ricercatori invitano a interpretare con cautela: in tutti i gruppi di partecipanti, infatti, nel 50% dei casi le morti sono state causate da una qualche forma di cancro. Più evidenti, invece, le differenze sul rischio di sanguinamento ed emorragie, uno degli effetti collaterali dell'aspirina, tra il gruppo che ha assunto il farmaco e quello che ha preso un placebo: 3,8% contro il 2,7%.

I ricercatori hanno voluto chiarire come questi risultati riguardino solo gli anziani sani, per i quali non c'è alcuna indicazione per l'assunzione dell'aspirina. Non ci sono dubbi, invece, sull'aspirina come terapia per la prevenzione secondaria, cioè nei soggetti a rischio.

(Unioneonline/v.l.)
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