Una terapia intensiva "aperta", orientata verso un progressivo abbattimento delle barriere temporali, fisiche e relazionali spesso presenti in questo particolare reparto ospedaliero. La proposta arriva dal Brotzu di Cagliari, dove si è svolto, dal 24 al 26 maggio scorsi, il primo corso di formazione sul tema della umanizzazione delle cure nelle terapie intensive.

Ideata e realizzata dal gruppo di lavoro diretto dal dottor Sergio Livigni, direttore della struttura complessa di Anestesia e Rianimazione dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, l'iniziativa fa parte del progetto "Terapia intensiva aperta", e si ispira proprio alla realtà sanitaria torinese dove, da oltre 10 anni, è attiva la politica di "apertura".

Si è trattato di un percorso strutturato in tre giornate full-immersion – riservate a specialisti e operatori provenienti da diversi ospedali regionali – e di una straordinaria opportunità di confronto e di condivisione di esperienze tra le diverse realtà locali, che ha fatto emergere la necessità di porre le basi per un percorso più allargato e di respiro regionale, funzionale alla costruzione di una solida rete a supporto del sistema dell'emergenza-urgenza.

L'apertura delle terapie intensive, infatti, non prevede solo l'accesso, senza limitazioni di orario, da parte dei familiari ai pazienti ricoverati nelle rianimazioni, ma ha l'ambizioso compito di assicurare il diritto fondamentale del malato a ritrovare la sua dimensione umana.

Entrare in relazione con le famiglie, incontrando l'aspetto affettivo ed emotivo del dolore e della malattia, migliora la qualità di ricovero del paziente e instaura un rapporto di fiducia con il personale sanitario.

(Unioneonline/v.l.)
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